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Alzheimer e salute dell'intestino: esiste una correlazione

Il microbiota intestinale può essere la chiave di svolta per la creazione futura di trattamenti personalizzati (farmaci o stili di vita) che tengano conto del corredo genetico del singolo paziente

Alzheimer e salute dell'intestino: esiste una correlazione

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La forma di demenza più diffusa in assoluto, il morbo di Alzheimer, è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una graduale e irreversibile perdita delle funzioni cognitive. L'aspetto chiave della stessa è l'atrofia cerebrale, particolarmente marcata nell'amigdala e nell'ippocampo. All'interno dei neuroni si evidenzia la presenza di placche del peptide beta-amiloide. All'esterno, invece, sono stati individuati ammassi neurofibrillari di proteina Tau. Nonostante il morbo di Alzheimer colpisca quasi sempre gli anziani over 80, è bene ricordare che si registrano anche casi giovanili.

Le cause e i fattori di rischio del morbo di Alzheimer

Purtroppo le cause del morbo di Alzheimer non sono ancora note, ma si ritiene che esso sia l'espressione di una combinazione di fattori genetici e ambientali. Non è un caso se approfondite ricerche hanno rilevato che la patologia è strettamente connessa con la mutazione dei geni APOE-e4, APP, PSEN1 e PSEN2.

La scienza ha compiuto un altro grande passo con l'individuazione del legame tra il disturbo e la proteina Medin. Questa si deposita nei vasi sanguigni e si aggrega alla proteina beta-amiloide. Ne abbiamo parlato in questo articolo. Attenzione, infine, ai fattori di rischio:

  • Età avanzata;
  • Sesso femminile;
  • Declino cognitivo;
  • Ipertensione;
  • Ipercolesterolemia;
  • Diabete di tipo 2;
  • Sindrome di Down;
  • Traumi cranici;
  • Fumo di sigaretta.

I sintomi del morbo di Alzheimer

I sintomi del morbo di Alzheimer variano a seconda delle fasi della malattia.

  • Sintomatologia della fase iniziale: ripetizione di domande, piccoli problemi di memoria a breve termine, lievi cambiamenti di personalità, mancanza di iniziativa, minime difficoltà di linguaggio, di calcolo e di ragionamento;
  • Sintomatologia della fase intermedia: sbalzi d'umore, ansia, depressione, insonnia, atteggiamenti ossessivi, allucinazioni uditive, disorientamento spazio-temporale, episodi di comportamento paranoico, perdita di parte delle abilità cognitive;
  • Sintomatologia della fase finale: dimagrimento, delirio, totale compromissione delle capacità cognitive, perdita del controllo motorio e della funzionalità intestinale e vescicale.

Il morbo di Alzheimer e l'intestino: lo studio

Gli scienziati del Nevada Institute of Personalized Medicine hanno scoperto che esiste una relazione significativa tra dieci tipi di batteri intestinali e la probabilità di sviluppare il morbo di Alzheimer. In particolare sei categorie di batteri - Adlercreutzia, Eubacterium nodatum, Eisenbergiella, Eubacterium fissicatena, Gordonibacter e Prevotella - sono protettivi. Quattro al contrario - Colinsella, Bacteroides, Lachnospira e Veillonella - sembrano favorire la comparsa del disturbo. Lo studio è stato pubblicato su Nature Scientific Reports.

Il microbiota intestinale comprende tra le cinquecento e le mille specie di batteri. La quantità e la diversità degli stessi è influenzata dalla genetica e dalla dieta. Alcuni batteri intestinali possono secernere acidi e tossine che, interagendo con il gene APOE, innescano una risposta neuroinfiammatoria in grado di promuovere potenzialmente la malattia neurodegenerativa.

Il professore Jingchun Chen ha affermato: «La maggior parte dei microrganismi del nostro intestino sono buoni e promuovono uno stato di salute generale. Un loro squilibrio, tuttavia, può risultare dannoso per il sistema immunitario e innescare varie patologie, come la depressione, le cardiopatie e il cancro».

Ora i ricercatori vogliono approfondire l'argomento per individuare anche altre specie batteriche in grado di fornire una protezione all'organismo.

La speranza è quella di sviluppare in futuro trattamenti personalizzati (farmaci o stili di vita) che tengano conto del corredo genetico del singolo paziente. Il microbiota intestinale può dunque essere la chiave di svolta grazie alla sua influenza positiva sul sistema immunitario, sull'infiammazione e sulla funzione cerebrale.

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