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Crt, il Mef scende in campo via all'indagine sul ribaltone

Lettera del dg Sala: "Inviateci subito tutti i documenti". L'atto dovuto di Palenzona e la mail che inchioda il pattista

Crt, il Mef scende in campo via all'indagine sul ribaltone

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Come era prevedibile, il Mef è piombato sulla vicenda del terremoto ai vertici di Fondazione Crt che ha portato alle dimissioni del presidente Fabrizio Palenzona. Ieri il ministero dell'Economia ha inviato una lettera a Fondazione firmata da Marcello Sala, il direttore generale del Dipartimento Economia cui fa capo la vigilanza delle Fondazioni bancarie. Di fatto l'avvio delle indagini. «Lo scrivente ministero», si legge nella lettera consultata da Il Giornale, «ha monitorato con attenzione l'evolversi dei fatti», prendendo atto «dell'eco mediatica delle vicende che ha anche rappresentato una fonte da cui apprendere l'evolversi di alcune situazioni». E ha richiesto a Crt, a carattere di urgenza ed entro 10 giorni, «di far pervenire una adeguata informativa sui fatti, corredata dalle valutazioni di ciascun organismo di indirizzo». Inoltre, saranno «altresì trasmessi i verbali delle deliberazioni del Consiglio di indirizzo del 19 aprile» e dei cda del 19 e 22 aprile «nonché ogni deliberazione assunta anche non approvata».

Nel frattempo, si è appreso di altri pareri legali che erano stati richiesti da Palenzona prima dell'invio dell'esposto al Mef. «Ritengo in definitiva» che «il Presidente debba senza indugi formulare al Mef, in qualità di autorità di Vigilanza, apposito esposto in merito al Patto, trasmettendo altresì il relativo documento», così conclude il suo parere l'avvocato Andrea Zoppini, tra i più brillanti legali italiani, in merito all'opportunità di segnalare al Mef il patto occulto promosso dall'allora consigliere Corrado Bonadeo, che avrebbe potuto creare una sorta di fondazione nella Fondazione per orientare le politiche più strategiche dell'ente. Una scelta contestata dai quattro membri del cda ribelli, che hanno sfiduciato il segretario generale Andrea Varese e spinto Palenzona a dimettersi.

A completare il filotto di pareri, si aggiunge anche quello dell'avvocato Roberto Sacchi che scrive: «Il Patto, ove sottoscritto, costituisce un accordo in contrasto con le norme di legge e dello Statuto». Per completezza, aggiunge il legale, anche il fatto che il Patto non sia stato sottoscritto «non esclude - a maggior ragione degli inviti alla riservatezza (quindi all'opacità) contenuti» nelle mail del 23 e del 27 marzo 2024 «dell'avvocato Bonadeo - che già oggi, a prescindere dalla sottoscrizione del Patto, si è in presenza di una oggettiva rottura della legalità dell'azione della Fondazione». Le mail citate nel parere legale sono quelle inviate da Bonadeo a Francesco Galietti, che avrebbe voluto facesse parte del patto occulto. La prima, del 23 marzo, allegava un documento chiamato «modulo cooptati» da firmare con l'invito a non dire a nessuno di quella iniziativa. Bonadeo e Galietti facevano parte di un gruppo di consiglieri che avevano favorito l'ascesa alla presidenza di Palenzona e che, non riproposti dalle terne degli enti designati, per rimanere consiglieri d'indirizzo avrebbero dovuto essere cooptati. La seconda, il 27 marzo, aveva in allegato un documento Patto di Consultazione e pre-adesione a gruppo consiliare La Fondazione di Domani nel Consiglio d'Indirizzo FCRT . «Firmeremmo anche questa limitatamente al nostro gruppo per ora, e sempre in via riservata», scriveva Bonadeo nel testo della mail che figura su documenti che Il Giornale è stato in grado di consultare. Galietti a quel punto decise di non firmare, proprio per il timore che si venisse a creare un contropotere in grado di condizionare il funzionamento della Fondazione. Proprio lui porterà poi a conoscenza dell'esistenza del documento il presidente Palenzona nella mattinata del 27 marzo. La reazione di Bonadeo, affidata ad alcuni whatsapp, è stata veemente: «Sei tu Giuda?» avrebbe scritto a Galietti. E poi: «Hanno in mano il patto di consultazione inviato oggi cazzo» e, dopo un iniziale diniego di Galietti, avrebbe precisato che i documenti inviati ai consiglieri erano diversi e per questo avevano capito che il traditore era lui.

Alla fine, la denuncia inviata al Mef, un documento di 78 pagine, conterrà anche una memoria dello stesso Galietti che spiega nel dettaglio tutti i passaggi.

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