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Il velo, la pentola a pressione e il corteo: il giallo della manifestante pro Palestina

Sono tante le domande che all'indomani in tanti si fanno per la presenza di una ragazza di origine straniera che ha partecipato alla manifestazione del 25 aprile tra i sostenitori della Palestina con una pentola a pressione

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Il Corano in una mano, una pentola a pressione avvolta in una kefiah nell'altra mano. Così si è presentata in piazza del Duomo a Milano Chaima, come la identifica La Stampa, ragazza di chiare origini straniere. Ma il quotidiano piemontese non nota che mentre sventola il libro Sacro dell'Islam, in mano ha una pentola. "Con questo libro liberiamo la Palestina", ha detto ai microfoni dei giornalisti brandendo il Corano. Ed è solo un dettaglio che il 25 aprile sia la festa della Liberazione dell'Italia, uno Stato laico.

Ma quel che colpisce maggiormente non è il libro Sacro dell'islam, che diversi manifestanti hanno brandito in piazza del Duomo, davanti a uno dei monumenti simboli della Chiesa di Roma. Forse una provocazione, un segno dell'invasione, chi lo sa. Quel che colpisce ma, soprattutto, spaventa e preoccupa, è che questa ragazza, in prima fila con il gruppo dei palestinesi, aveva in mano una pentola a pressione: come è potuto succedere?

È stata ripresa in vari video e foto da parte dei giornalisti presenti. In alcune immagini, quella pentola è avvolta in una kefiah: perché? La memoria dell'uomo non può essere tanto breve da dimenticare quel che gli estremisti islamici hanno fatto a Boston nel 2013 con due pentole a pressione. Era il 15 aprile quando due fratelli ceceni attentarono alla vita di migliaia di persone durante la maratona cittadina con due pentole di quel tipo riempite con esplosivo, chiodi, pezzi di ferro e sferette metalliche. I morti in quell'occasione furono 3 e i feriti furono 250. La matrice di quell'attentato è stata cercata nell'Islam radicale, di cui era seguace almeno uno dei due fratelli.

Nel 2016 un'altra bomba realizzata con una pentola a pressione è stata trovata a New York poco dopo l'esplosione di un altro ordigno, che causò quasi 30 feriti ma, per fortuna, nessun morto. Il New York Times le descriveva come "piene di schegge e frammenti metallici e concepite per fare il massimo danno in termini di caos e di vittime". Nella borsa che conteneva le bombe c'era un biglietto in arabo e dopo lunghe indagini, anche in relazioni ad altre esplosione che si erano verificate poche ore prima in New Jersey, gli investigatori sciolsero le riserve e parlarono di "cellula terroristica".

Ma c'è anche il caso del cittadino britannico aderente all'Isis che nel 2017 è stato condannato dalla Winchester Crown Court a 15 anni di reclusione per aver realizzato un ordigno con una pentola a pressione.

Assemblò l'ordigno nella casa dei suoi genitori, a Birmingham, guardando i video dello Stato islamico ma, benché gli inquirenti appurarono che non avrebbe comunque potuto funzionare, gli venne comunque inflitta una pena esemplare per evitare emulazioni. A fronte di tutto questo, la domanda resta la stessa: perché quella ragazza si trovava in piazza del Duomo con una pentola a pressione?

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