Politica estera

Il successo di "Civil War", il film che si interroga sul futuro dell'America

Il nuovo film del regista di "28 giorni dopo" genera ansie tra gli elettori per il possibile scoppio di una Seconda Guerra civile americana

Il successo di "Civil War", il film che si interroga sul futuro dell'America

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Grande successo nelle sale cinematografiche americane per "Civil War", il nuovo thriller fantapolitico di Alex Garland che immagina gli Stati Uniti alle prese con una devastante guerra civile. Nella visione distopica del regista di "28 giorni dopo", California e Texas sono unite nella lotta contro un governo federale guidato da un presidente al suo terzo mandato. Non si conoscono i motivi per i quali è davvero cominciata la ribellione e per chi conosce le dinamiche politiche degli States risulta impensabile nella realtà un’alleanza tra Austin e Sacramento. Eppure, gli ottimi risultati di questo film al botteghino hanno scatenato sui media a stelle e strisce una valanga di commenti e analisi sul possibile collasso di un Paese nato con lo scopo di garantire “una più perfetta unione”.

"Civil War" segue il viaggio on the road di alcuni reporter in marcia verso Washington per intervistare il presidente prima che le Western Forces - questo il nome della coalizione di ribelli – entrino alla Casa Bianca per deporre il commander in chief. I giornalisti si muovono attraverso scenari e paesini di un’America familiare agli amanti di film e serie televisive horror imbattendosi però, invece che in orde di zombie, in non meno terribili soldati.

Che genere di americano sei?”, chiede ai malcapitati reporter proprio uno di questi militari dediti a sparare quasi a vista contro un nemico dai contorni sfuggenti. Ed è forse questo il passaggio dell’intero film che più riassume le inquietudini degli statunitensi che tra pop corn e diet coke si ritrovano immersi quasi inconsapevolmente in una seduta di psicanalisi collettiva.

Nell'America di oggi la tensione politica è alle stelle. Si è discusso a lungo dell’assalto al Congresso che il 6 gennaio del 2021 ha visto i sostenitori di Donald Trump cercare di sovvertire l’esito del voto. Meno risonanza hanno invece avuto, complice una maggiore assuefazione ad un clima sempre più teso, le notizie sulle minacce di morte contro i giudici dei processi contro il miliardario o l'aggressione al marito dell’ex speaker della Camera Nancy Pelosi. Per non parlare poi dell'uomo che si è dato fuoco a pochi metri dalle aule di tribunale dove era in corso un’udienza del candidato repubblicano.

Questa violenza casuale e a bassa intensità che pervade gli Usa trova corrispondenza, ovviamente su scala hollywoodiana, nelle spietate azioni compiute dai combattenti del film di Garland. Sulla carta, come dichiarato dallo stesso regista, gli insorti sono ispirati ai Khmer rossi, i signori della guerra cambogiani, ma per alcuni analisti sono evidenti i richiami ai gruppi insurrezionalisti vicini a Trump come gli Oathkeepers e i Proud boys. Gli esperti di storia americana sottolineano inoltre che gli orrori compiuti dai ribelli di "Civil War" ricordano quelli che si consumarono, lontano dai campi di battaglia, nel corso della Guerra civile degli anni Sessanta dell’Ottocento.

Commentando il successo al botteghino del thriller distopico e menzionando la difesa dei partecipanti alla rivolta del 6 gennaio da parte di Trump, il New York Times riporta un sondaggio secondo il quale il 53% degli elettori americani ritiene il Paese vicino ad una nuova Guerra civile. Per Politico la vera minaccia agli Stati Uniti non deriverebbe dalle divisioni tra democratici e repubblicani o dall’emergere di un sistema autocratico bensì dal rischio che il caos prenda il sopravvento.

In questo senso il film semina angoscia anche tra gli spettatori più ottimisti i quali, pur continuando ad escludere lo scoppio di un conflitto nazionale, escono dal cinema rassegnati al fatto che lo stato dell’unione non prometta in ogni caso niente di buono.

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