Retrogusto

Okabe, ristorante con View

Parte la nuova avventura dello chef nippo-brasiliano che ha conquistato Milano con Finger’s. Un locale in Porta Romana elegante ed eccessivo, dove propone la sua cucina fusion che non ha paura di stupire e divertire. E in un bancone da dodici clienti la cena diventa uno show

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La seconda vita di Roberto Okabe. Lo chef nippo-giapponese ha lasciato il marchio Finger’s, con cui ha spopolato a Milano per una ventina di anni, e ha aperto un nuovo locale in Porta Romana al numero 2 di via San Gerolamo Emiliani, nel locale in cui la sua avventura milanese ebbe inizio nel 2003. Il locale si chiama View e costituisce un salto di livello nel concetto di ristorazione di Okabe, una cucina che incrocia le sue due culture gastronomiche, aggiungendo un tocco italiano nelle tecniche e negli ingredienti, il tutto in un contesto spettacolare e godibile.

La vera novità di View è proprio questa: mette l’evidenziatore a una tendenza che a mio avviso sta prendendo piede a Milano. Parlo dell’allontanamento da certi stilemi angusti di ristorante fine dining sussiegoso e intimidatorio, a favore di locale dove mangiare bene tornandosi a divertire anche con un volume un po’ alto di musica e voce. Da View l’ambiente è elegante ma con piacevole tocco di eccesso, c’è una consolle da dj per serate energetiche, soprattutto nel fine settimana, c’è un privé per chi vuole star tranquillo e un tavolo sociale che si arrotola attorno alla cucina per chi invece vuole fare amicizia. E poi c’è Roberto, pirata di mille mari, con il suo sorriso coinvolgente e la sua propensione a non risparmiarsi, a fare qualcosa in più invece che qualcosa in meno, nel dubbio. Come quando a un certo punto mi si para davanti con in mano una pala da pizzaiolo, dove trovano posto alcuni nigiri al salmone e al tonno. Mi invita a prenderne uno, poi passa al cliente alla mia sinistra. Un gesto semplice e forse un atto di appropriazione gastronomica che farà storcere la bocca a qualcuno ma qui che crea comunità e induce all’ottimismo.

Parliamo della cucina. Che è di base giapponese, con qualche tocco esotico garantito dall’uso di ingredienti tropicali e da una spinta estetica piuttosto spregiudicata, con colori sovraesposti. Il menu degustazione, ancora in fase sperimentale, prevede una Chips di riso con tartare di tonno sumiso, un Salmone scottato con “mojito” di daikon grattugiato, ananas e menta, una frittellina di zucchina, carota, cipolla e gambero in pastella (Kakifry, ne ho mangiata una ma ne avrei mangiate tre), una crocchetta di suino nero con fiori di loto e oliva taggiasca, menta e cocco (Karokke Renkon), una sfilata di quattro uramaki freschi e piacevoli (circoletto rosso per lo Spicy tuna e per lo Speciale con tempura di gamberi, avocado, maionese, salmone fiammato con salsa di sesamo). Poi il C’era una volta il finger food, una capasanta con panna acida colorata con fiocchi di caviale, tartare di salmone, scampo, avocado e riso. Il mio piatto preferito della serata è certamente il Takofumi, un polpo affumicato con crema di peperoni e patata dolce e peperoncino giapponese. Accanto, in un piattino, dei Ravioli di granchio ripieni asparagi e ponzu con polvere di bacon. Poi è il momento dei già citati nigiri “alla pala” e di un assortimento di sashimi serviti in dei cucchiai da portare direttamente alla bocca. Si chiude con un rivedibile mochi al mango, ma si sa che i dolci non sono il punto forte di un pasto giapponese.

Il locale è molto accogliente, e di grande impatto visivo, roba da mandare in sollucchero gli instagrammer. Materiali di pregio, luci ben studiate, oro e legno. Il classico posto che potrebbe diventare il nuovo innamoramento dei foodies cittadini. C’è una prima sala con alcuni tavoli isolati, poi il grande bancone da dodici clienti che dialogano direttamente con la cucina, c’è anche un privé che però io non ho visitato, ma che è un ulteriore indizio di quello che questo posto vorrebbe essere. Si capisce che dietro c’è un investimento importante e una ambizione notevole, ben venga.

Okabe ha aperto il Finger’s nel 2003 in questo stesso locale. Poi aveva raddoppiato con il Finger’s Garden in via Keplero, una zona semiperiferica della città, e aveva aggiunto succursali a Roma e a Porto Cervo. Ha lasciato il marchio in mano ai suoi vecchi soci (dovrebbe aver conservato una piccola quota) e si è lanciato in questa nuova avventura in cui francamente sembra più libero e felice. Il ristorante ha aperto da pochi giorni con un soft opening riservato agli amici per mettere a punto la macchina, ed è ora pronto ad accogliere la clientela. In questa avventura è affiancato dal restaurant manager Simone Conca, dal sous chef Alessandro Liddi, dal sushi master Imran Ali e dal bartender Alessandro Lisco, che prepara cocktail tropicalisti.

View è aperto solo la sera ma fino a tardi ed è chiuso il lunedì e il martedì.

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