Cronaca nera

L'architetto e il medico. I colletti bianchi del boss

Il funzionario di Limbiate avrebbe prestato la sua identità durante la latitanza. I ruoli del radiologo e dell'agricoltore

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Erano insospettabili i fiancheggiatori dell'ex primula rossa Matteo Messina Denaro. Sono finora 14 quelli arrestati, accusati di avergli permesso di vivere indisturbato buona parte della lunga latitanza a due passi da Castelvetrano, la sua città. Gli ultimi tre a finire nel crivello dei carabinieri del Ros, che proseguono le indagini coordinate dalla procura di Palermo, sono l'architetto Massimo Gentile, il radiologo Cosimo Leone e l'agricoltore Leonardo Salvatore Gulotta. I loro favori hanno fatto sì che il padrino vivesse alla luce del sole sin dal lontano 2007 quando si trovava a Mazara del Vallo, potendosi spostare da un ospedale all'altro per curarsi e, al contempo, proseguendo nelle proprie frequentazioni, una su tutte con l'amante Laura Bonafede, anche lei fiancheggiatrice, e continuando a comandare Cosa Nostra. Dalle indagini è emerso che l'architetto 51enne Gentile, originario di Erice (Trapani) e dipendente del Comune di Limbiate (Monza-Brianza) dal 2018 nel settore dei Lavori pubblici, ha prestato la propria identità al boss dei boss già nel 2007 e fino al 2017, favorendolo così nell'acquisto di una moto Bmw nel 2007 e di una Fiat 500 nel 2014, consentendogli di stipulare le polizze assicurative ed effettuare le operazioni in banca per concludere l'acquisto. L'architetto, che nel 2017 lavorava a Campobello di Mazara nella ditta intestata alla moglie di Andrea Bonafede, il prestanome del padrino negli ultimi anni di clandestinità, è parente dell'ergastolano Salvatore Gentile marito della maestra Bonafede, madre di Martina (anche lei fiancheggiatrice), considerata da Messina Denaro come una figlia. L'architetto è accusato di far parte di Cosa nostra come anche il tecnico radiologo Cosimo Leone, arrestato per avere assicurato al super latitante la fruizione delle strutture sanitarie. In particolare, si è messo a disposizione quale tecnico sanitario di Radiologia medica presso l'ospedale di Mazara del Vallo, dove Messina Denaro è stato ricoverato da latitante dopo l'insorgenza del tumore. Durante la degenza post operatoria del padrino, Leone si è fatto mediatore per fargli avere un cellulare con scheda telefonica riservata fornito da Andrea Bonafede, il prestanome, ed è stato anche punto di riferimento riguardo al percorso terapeutico da seguire iniziato all'ospedale di Mazara del Vallo e proseguito con la visita oncologica all'ospedale di Trapani. L'ultimo arrestato è Leonardo Salvatore Gulotta, accusato di concorso in Cosa Nostra. Grazie a lui Messina Denaro dal 2007 al 2017 ha utilizzato un'utenza telefonica per gestire i propri spostamenti. I carabinieri hanno effettuato perquisizioni a Trapani e in Lombardia, da cui potrebbero venire fuori nuovi spunti investigativi per individuare altri fiancheggiatori, oltre ai 14 finora arrestati, di 4 già condannati. Gli arresti effettuati sono frutto di un lavoro certosino di «traduzione» e studio dei pizzini scritti dallo stesso padrino e di tabulati e celle telefoniche. Visto che nessuno si è fatto avanti per fornire informazioni, gli inquirenti parlano di un «contesto sconcertante» per la permanenza di «un'omertà trasversale e pressoché totale».

Oltre agli ultimi tre, sono finiti in cella l'autista Giovanni Luppino, i suoi figli Antonino e Vincenzo, Andrea Bonafede il prestanome e l'omonimo «postino di ricette mediche», il medico Alfonso Tamburello, la sorella del padrino Rosalia, i coniugi Emanuele Bonafede e Ninfa Lanceri, Laura Bonafede e la figlia Martina Gentile.

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