Politica estera

La madre del woke contro il suo popolo

L'immagine che più di tutte racconta il cortocircuito dell'Occidente è quella che fotografa una schiera di universitari inginocchiati ad Allah

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L'immagine che più di tutte racconta il cortocircuito dell'Occidente è quella che fotografa una schiera di universitari inginocchiati ad Allah. Tutti quanti raccolti in preghiera accanto ai compagni di università musulmani. Loro, che fino a qualche giorno fa si battevano per la causa arcobaleno, sognavano la rivoluzione green e professavano l'ideologia woke, oggi si fanno discepoli di Maometto in nome della causa palestinese. Non una conversione di massa, per carità, ma una genuflessione illogica ad una falange terroristica, Hamas, che vorrebbe radere al suolo Israele e tutto l'Occidente.

Succede in una delle università più woke e gender fluid degli Stati Uniti, la Ucla. Università della California, Los Angeles. Capofila della protesta contro il «regime sionista», assieme ad altri atenei come Harvard, Yale e Columbia. Le parole d'ordine: boicottare, disinvestire e sanzionare. È l'intifada delle università. Partita Oltreoceano e sbarcata, nelle ultime settimane, anche in Italia. I «tendisti», che lo scorso autunno protestavano contro il caro affitti per non morire da pendolari, ora indossano la kefiah e sposano la sanguinaria «resistenza» di Hamas. In un cortocircuito totale gli studenti di sinistra sostengono (chi pregando Allah, chi manifestando e chi spaccando le vetrine) quell'odio che lo scorso 7 ottobre è sfociato nel brutale massacro costato la vita a 1.200 israeliani. E, in un cortocircuito ancor più assurdo, ad arringarli contro Israele accorrono improbabili «maestrini» come Patrick Zaki, l'attivista che ha provato sulla propria pelle la brutalità delle autorità egiziane, e Judith Butler, professoressa americana di origini ebraiche dichiaratamente ostile a Tel Aviv. I due hanno sfilato a Bologna davanti agli universitari pro Hamas in picchetto permanente da alcune settimane.

Delle due la presenza più contro-intuitiva alle tende bolognesi per la Palestina è sicuramente quella della Butler: docente all'università di Berkeley, dove insegna teoria critica da tre decenni, è una delle fondatrici della teoria queer nonché una delle figure di riferimento del mondo femminista. È stata lei, dopo aver a lungo lottato per i diritti degli omosessuali e dei transessuali, a prostrarsi alla causa dei terroristi di Hamas tuonando contro il genocidio israeliano ai danni dei palestinesi e sostenendo le lotte anticoloniali e intersezionali che stanno sorgendo in Italia e in tutto il mondo e che stanno sfociando in quella che un recente studio ha definito la «peggior ondata di antisemitismo dalla Seconda guerra mondiale».

Che a sostenere una formazione terroristica che teorizza lo sterminio degli ebrei ci sia anche una come la Butler, nata da una famiglia russo-ungherese i cui parenti sono morti durante l'Olocausto, la dice lunga sullo stato di salute mentale dell'Occidente.

Che a sostenere una gruppo di tagliagole tutt'altro che disposto a garantire i diritti alle donne e più in generale alle minoranze ci siano studenti turbo-progressisti la dice altrettanto lunga sull'autolesionismo dell'Occidente.

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