Controcultura

Così Jovanotti ha infranto la "liturgia" del concerto

L'ultimo dei «Jova Beach Party» è l'apoteosi festaiola di un nuovo tipo di evento pop

Così Jovanotti ha infranto la "liturgia" del concerto

da Linate (Milano)

Ma no, il Jova Beach Party non è un semplice concerto. È in sostanza il percorso di sopravvivenza di Jovanotti che sta sul palco per una decina di ore, più o meno dalle 15 a mezzanotte, roba che trovatene un altro così a 53 anni.

Aeroporto di Linate. Oltre novantamila spettatori, quasi centomila. Un palcoscenico sterminato. Il primo giorno di autunno coincide con l'ultima data del Jova Beach Party, il tour più spettacolare dell'estate che ha raccolto in diciassette concerti circa 570 mila spettatori in gira per l'Italia. L'idea è semplice: trasformare la musica in festa, modificare il rituale del concerto e renderlo più vicino a quello di happening, di evento che non ha un confine o una scaletta studiata a tavolino.

Insomma, il jovanottismo all'ennesima potenza, forse la sua definitiva consacrazione dal vivo dopo oltre trent'anni di esperimenti. Qui dove atterrano gli aerei ieri sera è decollato l'ultimo volo del Beach Party e Lorenzo Jovanotti Cherubini è stato il maestro di cerimonie sin da quando il cielo era blu e il sole caldo il giusto. Vestito più o meno come un santone grazie agli abiti disegnati da Maria Grazia Chiuri della maison Dior (molti originali, diciamo così), ha accompagnato ogni performance degli ospiti.

Ha improvvisato sul palco con Bombino, il chitarrista tuareg che suona la chitarra come un dio, a metà tra Carlos Santana e Jimmy Page, una vera rarità in una periodo come questo nel quale la chitarra è una specie musicale in via di drammatica estinzione. Poi è intervenuto sul palco mentre Takagi&Ketra con Tommaso Paradiso snocciolavano la loro produzione, ossia la più imponente quantità di tormentoni degli ultimi anni, da Jambo ad Amore Capoeira e via dicendo. Tanti gli ospiti: sul palco anche Salmo. Show stellare dentro lo show stellare il collegamento spaziale con l'astronauta Luca Parmitano, sulla Stazione spaziale internazionale. Infine ha chiamato sul palco la presidente del Wwf, Donatella Bianchi: «Prima di tutto, prima ancora di scegliere le luci oppure il palco, ci siamo confrontati con il Wwf per fare un tour nel più totale rispetto dell'ambiente. Nulla è a impatto zero, forse sarà possibile in futuro ma oggi no. Però noi abbiamo fatto tutto il possibile per rispettare l'ambiente in ogni sua forma».

Però, nonostante la benedizione del Wwf (ossia della massima autorità in merito) il Jova Beach Party è stato martellato da critiche proprio degli ambientalisti. In fondo capita sempre così. Dalle nostre parti, ogni bella idea è destinata a essere mitragliata dalle critiche a prescindere, perché il conservatorismo è forse l'abitudine preferita da tanti progressisti che fanno finta di essere aperti alle novità. In poche parole, tra interrogazioni parlamentari e polemiche sui giornali, il Jova Beach Party è stato accusato di qualsiasi crimine ambientalista, anche i più improbabili.

All'elenco mancano soltanto l'estinzione dei dinosauri e lo smog a Pechino. Un fuoco di fila che ha portato persino Jovanotti, ossia uno degli artisti più miti dell'intero sistema musicale italiano, a scrivere sulla propria pagina Facebook che «basta con cialtroni e polemiche sul mio tour. Il mondo ambientalista è più inquinato delle fogne». Un po' come se Greta Thunberg a un certo punto se la prendesse con i Verdi. Eppure in Italia funziona così, l'importante è polemizzare e poi chissenefrega delle conseguenze.

«Senza entusiasmo non si può cambiare nulla» dice serafico lui un paio d'ore prima di salire sul palco. In attesa di fare il proprio show, Jovanotti ha trascorso tutto il tempo nel cuore della musica, osservando la platea crescere minuto dopo minuto. Magari si è accorto di qualche lunghezza nelle code alle casse e di tutti quei piccoli impedimenti che sono la tassa da pagare in qualsiasi grande evento.

Però, quando ha fatto irruzione alla fine del dj set di Benny Benassi, Jovanotti ha iniziato il suo vero e proprio spettacolo. In fondo, dopo aver destrutturato il concetto di festival, ha anche sconvolto quello di concerto. Il suo non è stato uno show come gli altri. Per carità, i suoi classici non sono mancati, la band è stata guidata bene come sempre dal basso di Saturnino, ma l'idea che è venuta fuori dal mastodontico palcoscenico di Linate è che il Jova Beach Party ha ridato, piaccia o no, una nuova definizione alla costruzione di un evento musicale.

Come le playlist di Spotify (o generalmente delle piattaforme di streaming) hanno sconvolto, seppellendolo, il concetto di album, così questo tipo di concerti è destinato a cambiare la liturgia ormai quarantennale delle esibizioni dal vivo. In una fase liquida come questa è inevitabile che ci siano rivoluzioni improvvise.

Il Jova Beach Party ha messo le basi ed è difficile che i grandi eventi musicali, in futuro, possano far finta di niente.

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