Economia

Eni sorprende con 4,6 miliardi di utili

Il 2018 oltre le attese. Descalzi centra l'obiettivo di sganciare la crescita dai prezzi petroliferi

Eni sorprende con 4,6 miliardi di utili

L'Eni non teme più la volatilità del petrolio. E con risultati 2018 sopra le attese (i migliori degli ultimi 12 anni) si avvia alla presentazione del nuovo piano industriale 2019-2022 avendo centrato un obiettivo fondamentale: svincolare il più possibile la sua crescita finanziaria dai prezzi del greggio, grazie alla diversificazione geografica e di business. Un'impresa per una major del calibro di Eni, storicamente legata a doppio filo al business petrolifero. E che permetterà all'ad Claudio Descalzi di predisporre un piano ambizioso per accelerare lo sviluppo in aree strategiche come Arabia e Africa e l'impegno in business collaterali: dalle rinnovabili (con impianti propri) alla raffinazione.

Quanto all'anno appena concluso, l'utile netto è balzato a 4,22 miliardi (+25%), con l'utile netto adjusted che ha raggiunto 4,6 miliardi (+93%). Nel quarto trimestre, le stesse voci si sono attestate a 500 milioni e 1,46 miliardi. «I dati - ha sottolineato Descalzi - sono superiori al puro e semplice andamento del prezzo del Brent. Nel 2018 l'Eni ha raddoppiato il risultato operativo e il risultato netto in presenza di un prezzo Brent cresciuto solo del 25% rispetto al 2017», ha rimarcato l'ad assicurando che «il portafoglio complessivo è ancor meglio bilanciato e resistente alle ciclicità future». D'altra parte, tutto il settore ha dovuto fare i conti con un petrolio che in due anni (2014-2016) è passato da 100 a 30 dollari, imponendo un cambio di strategia: per Eni più diversificazione e esplorazione.

Tornando al 2018, a fare la parte del leone è stata la divisione esplorazione e produzione che ha contribuito per 10,8 miliardi all'utile operativo consolidato di 11,2 miliardi (+94%). Il gruppo, certo, ha tratto beneficio anche dall'incremento del prezzo del petrolio (+31%), ma la crescita è andata ben oltre. A spingere i conti è stato poi l'aumento della produzione di idrocarburi: raggiunto il record di 1,85 milioni di barili al giorno (+2,5%). Per Descalzi si tratta della «produzione giornaliera più alta di sempre», e questo nonostante il leggero rallentamento del quarto trimestre (-1%). A trainare il settore: i progetti in Egitto, Indonesia, Angola, Congo e Ghana e le maggiori produzioni di Kashagan, Goliat, Val d'Agri, e l'ingresso in Abu Dhabi. A fronte di investimenti netti per 7,94 miliardi, l'indebitamento è sceso di 2,63 miliardi a 8,29 miliardi.

Agli azionisti, il cda ha riservato un dividendo di 0,83 euro per azione di cui 0,42 già pagati come acconto a settembre 2018. Il dividendo a saldo sarà messo in pagamento il 22 maggio 2019. Ed è proprio la remunerazione a suscitare le maggiori attese da parte degli analisti, proiettati già al piano del 15 marzo, con il mercato che comunque premia il titolo con un rialzo di oltre il 2%. «Crediamo spiega Banca Imi - che la società possa optare per una politica di dividendi più generosa, insieme o in alternativa a un buy back». Al centro della strategia Eni ci sarà la crescita organica attraverso le esplorazioni: «In Medio Oriente non abbiamo finito, ma appena iniziato» ha detto l'ad rispondendo agli analisti sulla futura geografia del gruppo che vede nel Golfo un nuovo importante mercato, così come in Alaska.

Il piano svelerà poi le prospettive 2019, comprese quelle a rischio del Venezuela, dove Eni vanta crediti per 700 milioni di dollari e ha svalutato per 470 milioni le riserve.

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