Economia

L'Europa non cede: sale lo spettro bail-in sulle banche venete

Fumata nera alla riunione con Bruxelles Oggi vertice con Padoan sulle contromosse

L'Europa non cede: sale lo spettro bail-in sulle banche venete

Si complica la partita sulle ex popolari venete che rischiano di finire in risoluzione. O entrambe o una delle due (i riflettori sono puntati su Veneto Banca), e in quel caso salterebbe il matrimonio annunciato mesi fa con l'altra «malata» Popolare Vicenza. La tempesta si è alzata ieri da Bruxelles, dove l'incontro all'Antitrust Ue tra i due ad Fabrizio Viola e Cristiano Carrus, gli «sherpa» del Tesoro e i funzionari della direzione generale Concorrenza della Commissione non avrebbe avuto un esito positivo.

Per oggi è stato convocato un vertice al ministero dell'Economia al quale parteciperanno il ministro Pier Carlo Padoan, gli ad delle due banche e i presidenti (Gianni Mion per Vicenza e Massimo Lanza per Montebelluna).

La Commissione Ue resta, infatti, sulle sue posizioni: Pop Vicenza e Veneto Banca devono trovare sul mercato almeno un miliardo in più all'interno della ricapitalizzazione precauzionale da 6,4 miliardi per coprire le ulteriori svalutazioni sui 9 miliardi di sofferenze che i due istituti devono cedere. I funzionari della Dg Competition, commenta una fonte finanziaria, non intendono fare sconti al governo italiano che - è questione di giorni - sta per incassare il via libera all'ingresso ne capitale del Monte Paschi. Durante una conferenza stampa di mercoledì 5 aprile, la commissaria alla Concorrenza, Margarethe Vestager, aveva sottolineato che le due banche pesano singolarmente solo per il 2% del mercato italiano e ha insistito sulla differenza con la più grande Mps. Aggiungendo che «se il processo è indietro è anche perché «da parte italiana, non sono completate le valutazioni su come queste due banche debbano andare avanti». Il problema è che nessuno vuole più mettere mano al portafoglio. Il Fondo Atlante, che oggi le controlla, ha già detto che non metterà altri soldi dopo i 3,5 miliardi già iniettati l'anno scorso e in gran parte bruciati e quello Interbancario di tutela dei depositi ha declinato l'invito ad intervenire. Anche le big non hanno più intenzione di fare sacrifici correndo al capezzale dei due istituti. Ieri Carlo Messina, ad di Intesa (principale sottoscrittore di Atlante), è stato chiaro: «Chiedere altri soldi ai privati per poter consentire la ricapitalizzazione pubblica delle due banche venete in crisi è un assunto inaccettabile. A questo punto bisogna garantire la possibilità di metterle in sicurezza attraverso un intervento pubblico che ormai è in costruzione da dicembre dell'anno scorso. Credo sia il caso di accelerare e di farsi rispettare anche in ambito europeo. Bisogna far presto, non possiamo aspettare mesi e mesi in un loop burocratico tra soggetti che si palleggiano», ha tuonato il banchiere ieri mattina a margine dell'assemblea di Confindustria.

Nelle stesse ora l'ad di Pop Vicenza, Viola, al suo arrivo a Bruxelles si era limitato a rispondere «non lo so» a chi gli chiedeva se fosse ottimista sul negoziato.

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