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«Io, la Obama della Lega sarò il primo sindaco nero»

«Io, la Obama della Lega sarò il primo sindaco nero»

Cosa ci fa un’afroamericana lassù in Valceresio? Sorpresa: si candida a sindaco. Per la Lega Nord. A 48 anni, corre per sfatare l’ultimo tabù: quello della razza... padana. Yes, she can. Anzi, she Cane, Sandy Cane. Per la prima volta, alle amministrative di giugno, il Carroccio alleato del Pdl presenterà una capolista colored.
Altro che i pompieri. Roba vecchia. Vuol dire che Viggiù sarà ricordata per il suo primo cittadino donna, «born in the Usa» e pure piuttosto «abbronzata»?
«Be’, lo spero proprio. La mia è una storia che viene da lontano».
La racconti.
«Il mio nome di battesimo è Sandra Maria, ma tutti mi chiamano “la Sandy” perché vengo da Springfield, Massachusetts».
Tutto qui?
«Aspetti. Sembra un film. Mia madre, di Viggiù, assieme ai genitori che lavoravano come picasàss (scalpellini, ndr) emigrò in Francia. Dove, durante la seconda guerra mondiale, conobbe mio padre, soldato dell’esercito americano in Europa. Alla fine del conflitto si sono sposati, poi si sono trasferiti in Germania e infine in Usa».
Caspita, un bel giretto. E lei s’è ritrovata in provincia di Varese?
«Fin da piccola sono vissuta col mito della terra d’origine. Sui documenti di mia madre c’era scritto: “Born in Viggiù”, non “in Italy”: come se qualcuno in Usa sapesse dove si trovi questo borgo di 5mila anime... Venivo in paese d’estate. Finalmente potevo giocare con gli altri bambini nei boschi, senza pericoli e il bisogno di farmi ogni volta accompagnare in auto: per me era il paradiso».
Quindi ha pensato di restarci.
«I miei hanno divorziato, e all’età di 10 anni sono tornata a casa con mia madre. Qui ho studiato, ora faccio la direttrice d’albergo. Ho appena chiuso la stagione in valle d’Aosta».
Il pallino della politica?
«In America si è democratici o repubblicani per nascita. In Italia il partito si sceglie».
E a lei è subito piaciuta la Lega.
«No, non subito. Anni fa, i manifesti per strada mi facevano morire dal ridere. Erano d’impatto, senza mezze misure. Ma soprattutto erano divertenti, in mezzo agli altri tutti uguali e noiosi. Ora siamo diversi, più maturi».
Com’è che è scesa in campo?
«Seguo attivamente la Lega da 15 anni. Adesso è stato l’incontro di più fattori. Qualche amica m’ha spinto: «Perché non ti candidi?” Io ho voglia di fare. Perciò eccomi in corsa, al di là dei luoghi comuni».
Chi sono i suoi avversari?
«Una lista civica, guidata da un’altra donna. Forse la pubblicità sul mio conto a loro sta dando un po’ fastidio... E a chi dice che non ho esperienza, rispondo: farò funzionare il paese come un hotel a 5 stelle. In sala, riesco a gestire benissimo intere squadre di siciliani e sardi (ride): fate voi».
Il programma?
«Rilanciare il turismo, curare il verde e gli spazi pubblici, offrire opportunità d’aggregazione ai giovani. Fare attenzione alla famiglia. Gli anziani non vanno lasciati mai soli».
Ha dimenticato la sicurezza?
«Già, ma non siamo una metropoli. Comunque, la legge va fatta rispettare da tutti, italiani e stranieri. Regolari e clandestini. Ha ragione la Lega: non possono esserci compromessi».
Classico, un sindaco sceriffo.
«Chi ha un lavoro e paga le tasse non ha nulla da temere. Di stranieri per bene (albanesi, marocchini, slavi) ce ne sono anche a Viggiù. Il foglio di via ai clandestini, invece, è ridicolo. Mettiamoli su un aereo e buon viaggio. La legalità è un valore della Lega, ma anche molto molto americano».
Che ne pensa della provocazione lanciata dal suo collega di partito, l’onorevole Salvini? Sui mezzi pubblici carrozze riservate a donne e milanesi doc...
«Di primo acchito m’ha ricordato certe brutte discriminazioni del passato. È vero però che servono più mezzi e, naturalmente, maggiori controlli contro le aggressioni. Oggi se uno vuole andare a Milano in treno, è costretto a viaggiare in prima. Non per razzismo: per potersi sedere».
Ha già conosciuto di persona Umberto Bossi?
«Non ancora, magari dopo le elezioni ci incontriamo. Lo ammiro: un uomo tenace, che ha lottato per le sue idee nonostante le critiche degli avversari e contro la malattia. Finalmente il federalismo è una realtà. Un grande cambiamento. Ora bisogna spiegarlo alla gente, con parole semplici».
L’hanno già soprannominata «la Obama di Viggiù».
«Certo. Ed è un onore. Barack è il mio idolo. Incarna un sogno, va oltre le divisioni. E poi, siamo nati tutti e due nel ’61. Lui in agosto, io in luglio. Stesso segno zodiacale: due leoni. Ha presente?».
giacomo.

susca@ilgiornale.it

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