Cronaca locale

Caccia ai volontari Ieo E le prime reclute arrivano dalla Bocconi

Il professor Fiorentini: servono nuove forze Claudia, attiva dal '99: «Godo di più la vita»

Sabrina Cottone

Otto bocconiani, forse dieci perché due di loro sono ancora in forse. Avrebbero avuto tutte le scuse per sottrarsi: il tempo che manca, gli esami che incalzano, le uscite con gli amici indispensabili per non dare i numeri da troppo studio. Invece si sono lasciati reclutare come aspiranti volontari allo Ieo, l'Istituto Europeo di oncologia nato dalla ferrea volontà del sogno di Umberto Veronesi. Stupisce la perfetta parità tra i sessi: metà uomini e metà donne. Non è sempre stato così, perché l'attuale squadra che si alterna a fianco dei malati è di 75 persone: tra di loro, 64 donne e 11 uomini. Qualcosa sta cambiando. Se ne è reso conto il professor Giorgio Fiorentini e, da presidente di «Sottovoce», l'associazione dei volontari dello Ieo, è partito in missione tra le aule della Bocconi.

Il fatto è che nonostante tutto, continuano a non quadrare i conti dei volontari di cui si sente il bisogno in questo ospedale speciale con 300 posti letto e tanta sofferenza da alleviare. Sembra una fatica e invece, racconta chi si aggira tra le stanze o attende i pazienti al loro primo ingresso in ospedale, è «una ricarica di vita». Si tratta di aver voglia di ascoltare, perché «a volte i malati chiacchierano di ricette, ma più facilmente ti raccontano dolori e pensieri che non rivelerebbero nemmeno ai loro familiari più cari, per non farli soffrire». A raccontare è Claudia Gariboldi, volontaria dal 1999 e oggi coordinatrice di coloro che, dice lei, «desiderano aiutare gli altri anche per aiutare se stessi».

Claudia racconta la sua storia, unica nel suo essere simile a molte altre: «Sono diventata volontaria dopo essere stata operata nel 1988 per un tumore al seno. Le terapie sono durate circa un anno, ho conosciuto l'associazione appena nata e così ho capito, un po' per gratitudine, che mi sarebbe piaciuto provare. Ho fatto un corso di formazione ed eccomi». Se allo Ieo ci sono così tante volontarie è proprio perché tante donne che hanno avuto un tumore al seno o in area ginecologica hanno deciso di dare una mano alle altre. Sono circa 35 sul totale di 75 volontari.

La malattia non è l'unica spinta. Il professor Fiorentini, che ora insegna in Bocconi, a 19 anni era volontario in un'associazione per bambini neurolesi, e da lì ha iniziato «a capire l'importanza anche economica e sociale del volontariato e a studiare i temi dell'impresa sociale e del non profit». Poi c'è Claudia e il suo movente non è il dolore. «Io traggo benificio da questa attività. È vero che noi diamo ma riceviamo. Io non vedo solo sofferenza ma anche persone che ce la fanno e guariscono. Poi vedi un'umanità vera, che si spoglia di tutto. Il ricco, il povero, il contadino, l'industriale, è come se fossero accomunati dal destino che li ha portati a vivere la malattia. Fuori ciascuno ha un po' una maschera, qui la toglie via. Questo è uno dei motivi per cui sto bene. È un volontariato duro, complesso, ma mi riequilibra con la mia realtà. È vero che stare vicini alla sofferenza fa crescere.

Esco, vedo il tramonto e mi godo la vita».

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