Privacy o sicurezza? Così l'Europa rischia di perdere la libertà

La strage di Parigi ha riaperto il dibattito: meglio cedere un po' di privacy in nome della sicurezza?

Privacy o sicurezza? Così l'Europa rischia di perdere la libertà

La tragica vicenda di Charlie Hebdo ha interrogato l'Europa su quali siano i limiti della satira. È possibile scherzare su tutto? Ci sono argomenti che è meglio non toccare per garantire l'incolumità non solo di chi fa satira ma anche della popolazione tutta?

Al parlamento europeo, per esempio, si sta dibattendo della possibilità di schedare e conservare per almeno tre anni i dati e gli spostamenti di chi viaggia in aereo. Una scelta drastica che pone un legittimo interrogativo: è giusto rinunciare alla propria privacy in favore della sicurezza?

La stessa domanda se la stanno ponendo i francesi perché, mentre il governo Hollande difendeva la libertà al grido di "Je suis Charlie", la Francia ha subìto (senza nemmeno accorgersene) uno dei più gravi attentanti non solo al diritto di satira, ma anche alla libertà in generale.

I partiti francesi, sostenuti in particolare da alcuni politici dell'Ump, hanno invocato un Patriot act "à la française", ricalcando così ciò che avvenne in America nel 2001, dopo l'attentato alle Torri Gemelle. La legge, proposta da James Sensenbrenner e firmata da George W. Bush, prevedeva il rafforzamento dei poteri di Cia, Fbi e Nsa, che poterono così effettuare - in modo abbastanza indiscriminato - intercettazioni telefoniche, accedere a informazioni personali degli americani e prelevare le impronte digitali dalle biblioteche. In definitiva, il Patriot Act americano andava a ledere la privacy dei cittadini. Tanto che una sentenza delle Corte distrettuale di New York dichiarò incostituzionali le "National Security Letter" del Patriot Act.

Lo stesso sta accadendo ora in Francia, dove, per esempio, Eric Ciotti ha affermato: "Abbiamo bisogno di cambiare il cursore tra libertà e sicurezza, abbiamo bisogno di più sicurezza. Siamo in guerra". Ovvero: si rinunci pure alla libertà in favore della sicurezza.

Combattere il terrorismo è ovviamente un dovere per la Francia. Tuttavia, sembra che il governo francese stia percorrendo una strada che rischia di far diventare la Francia una sorta di "Grande Fratello" di orwelliana memoria. Proprio oggi, il primo ministro Manuel Valls ha affermato di voler introdurre nuove normative relative alle intercettazioni telefoniche perché "la legge del 1991 era stata concepita prima di internet, e il quadro legale delle operazioni realmente effettuate è lacunoso: ciò non è soddisfacente né in termini di sicurezza giuridica delle operazioni né sul piano delle libertà pubbliche", ha spiegato Valls precisando che "ogni operazione sarà ora messa sotto un controllo esterno e indipendente da parte di una speciale giurisdizione".

Ma se queste norme riguardano le libertà fondamentali dei cittadini, altre censure sono avvenute in questi giorni in Francia. Ne sa qualcosa il comico Dieudonné M'bala M'bala, meglio noto come Dieudonné. L'inventore della "quenelle", una variante del gesto dell'ombrello, con la quale il comico metteva in ridicolo i potenti e le lobby.

Subito dopo l'attentato a Charlie Hebdo, Dieudonné aveva pubblicato uno stato su Facebook in cui diceva di sentirsi "Charlie Coulibaly", mixando così il nome della rivista satirica e il nome di uno dei terroristi. Il senso di queste parole lo ha dato lo stesso Dieudonné: "Quando io mi esprimo, non si cerca di capirmi, non mi si vuole ascoltare. Si cerca un pretesto per vietarmi. Mi si considera come Coulibaly mentre non sono diverso da Charlie".

Tuttavia, il gesto del comico è stato duramente disapprovato dal primo ministro Valls: "Il razzismo, l’antisemitismo, il negazionismo e l’apologia di terrorismo non sono opinioni, sono reati". E la vita di Dieudonné è così diventata ancora più infernale. Tutti i suoi spettacoli sono stati vietati o dalla presenza della polizia o dai direttori dei teatri, che hanno preferito cancellare le performance dell'artista.

Ma c'è anche chi, come Philippe Tesson, ha auspicato la fucilazione di Dieudonné, o chi come Marc-Edouard Nabe ha deciso di mettere come copertina della propria rivista un fotomontaggio delle esecuzioni compiute dal califfato.

Dieudonné Nabe

Dieudonné indossa la tipica divisa arancio di coloro che verranno giustiziati e l'esecutore della sentenza di morte è lo stesso Nabe. In un tondo sulla destra c'è invece la foto di Alain Soral, un "nazionalista di sinistra", ex membro del partito comunista e fondatore di "sinistra sociale e destra dei valori". Quello di Nabe non sarà magari un invito all'omicidio del comico e del saggista, ma è almeno una provocazione bella e buona.

Comprensibilmente la Francia vive un momento di ansia e terrore.

L'ansia del nemico, del musulmano attentatore ha fatto sì che il popolo francese si compattasse dietro le spalle di Hollande, un presidente caduta libera. Il rischio è che ora gli uomini e le donne di Francia abdichino alla loro libertà in favore di una incerta sicurezza.

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