Quel Mussolini "Prigioniero" della sconfitta e dei ricordi

Nell'agosto del 1943, alla Maddalena, il dittatore assiste al proprio tramonto. Con un medico ebreo

Quel Mussolini "Prigioniero" della sconfitta e dei ricordi

«Un anno fa circa, visitai la Maddalena, fra l'entusiasmo del popolo. Oggi, arrivo clandestino. Venti anni di lavoro sono stati cancellati in poche ore... Il Fascismo era un'iniziativa che aveva interessato il mondo e indicato nuove vie. Non è possibile che tutto sia crollato... Tutto fu un'illusione?».

Correva l'anno 1943. Ma in questa storia anche i giorni sono importanti. Parliamo di una manciata di ore, dal 7 al 27 agosto, quando Benito Mussolini, in stato di arresto, fu trasferito d'urgenza - per «pericolo imminente», annota il Duce nei Diari pontini e sardi - dall'isola di Ponza a quella «di Santa Maddalena in Sardegna». Badoglio evidentemente non voleva rischiare, perché Mussolini poteva essere una pedina importante nelle trattative segrete sull'armistizio. Da lì poi, come è noto, fu portato a Campo Imperatore sul Gran Sasso dove però venne liberato dalle Ss nella cosiddetta Operazione Quercia.

Esattamente su quei venti giorni di apparente totale isolamento si concentrerà Il prigioniero, il film che Ugo Frosi girerà proprio nei luoghi dove si sono svolti i fatti, ossia villa Webber, costruita da un omonimo inglese eccentrico a fine '800 a La Maddalena, che «con le sue camere quasi vuote - scrive il regista nelle note che accompagnano il progetto - gli affreschi in rovina, la generale straniante decadenza, sono il luogo simbolico dove si consuma l'esilio, fisico e spirituale, del protagonista». A interpretare Mussolini sarà l'attore bulgaro Hristo Shopov, noto per la parte di Ponzio Pilato in La passione di Cristo di Mel Gibson. Il prigioniero sarà basato, per quanto riguarda la parte storica, sui fatti riportati nei Diari pontini e sardi, i cui originali furono ritrovati dal quotidiano la Repubblica nel 2007 presso i National Archives di Londra (fino ad allora se ne conosceva soltanto la traduzione in tedesco, poiché si consideravano distrutti gli originali), e vuole mettere in scena un momento per gran parte sconosciuto, nella parabola conclusiva della vita del dittatore che è, spiega il regista, «a suo modo esemplare nel rappresentare, come un monito, la nullità delle glorie umane, la caducità degli onori e dei successi mondani».

In questi giorni è nelle sale Hammamet di Gianni Amelio che ripercorre gli ultimi mesi di vita del leader socialista Bettino Craxi, sfuggito alla giustizia in Tunisia dove lo vediamo uomo caduco e malato. Esattamente come il Duce in Sardegna. L'accostamento non vuole essere denigratorio né per Mussolini, né per Craxi, ma sottolineare come ultimamente certe biografie al cinema amino soffermarsi su un periodo limitato di tempo di grandi figure storiche. Ugo Frosi questo metodo l'ha già utilizzato nel suo interessante film d'esordio, L'ospite, del 2015, incentrato sugli ultimi giorni di vita del filosofo Giovanni Gentile, mentre l'anno scorso, sulla scorta dei diari ottocenteschi del vescovo Scipione de Ricci, ha girato L'abbandono, su un'enigmatica suora accusata di scandalo ed eresia nella seconda metà del XVIII secolo.

Nel racconto dell'uomo più potente d'Italia costretto ora a guardare il mare «che sembra una tavola, non ha un brivido, l'aria un soffio, tutto sembra fermo sotto il sole, anche il mio destino», il regista e sceneggiatore prova a introdurre una figura romanzata, quella di Alberto, un giovane medico condotto incaricato di occuparsi della salute di Mussolini. Un compito che non può che provocargli un profondo, drammatico conflitto di coscienza. Perché Alberto è ebreo ed è arrivato sull'isola nascondendo a tutti la sua vera identità. L'incontro tra lui e l'ex dittatore sarà il cuore drammatico del film.

Poi naturalmente il protagonista assoluto sarà Mussolini, divenuto improvvisamente vulnerabile.

«È un uomo come tanti, quindi debole e spaventato, quello che ora possiamo scorgere, dietro la maschera di cartapesta del tiranno», scrive Ugo Frosi, regista di grande rigore formale, che ora sta cercando di chiudere il quadro produttivo per portare al cinema un nuovo e inedito punto di vista sul nostro controverso passato.

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