Cronaca locale

"Condannate Sala a tredici mesi"

La Procura chiede il carcere per il sindaco: «Difesa inverosimile»

"Condannate Sala a tredici mesi"

Milano - «Esiguo disvalore dei fatti»: è questa l'unica carezza che la Procura generale di Milano concede al sindaco Beppe Sala, per addolcire il conto che gli presenta al termine del processo che ha visto il primo cittadino chiamato a rispondere delle disinvolture con cui ai tempi di Expo schiacciò il pedale sull'acceleratore. Nella smania di accelerare, dice la pubblica accusa, Sala violò la legge, «aldilà di ogni ragionevole dubbio», ordinando di falsificare due verbali. Non fu un grande falso, ma fu un falso. Un anno e un mese di carcere, questa è la richiesta di condanna: il minimo della pena prevista dal codice.

Precisato che il danno fu esiguo, per il resto la requisitoria del pg Massimo Gaballo lascia ben poco spazio alle tesi difensive del sindaco, definite senza mezzi termini «inverosimili». Sala nega di essere stato lui a decidere di rimediare truccando il verbale alla incompatibilità di due membri della commissione d'appalto, che rischiava di ritardare di mesi e mesi l'avvio del cantiere. Ma è una tesi che per l'accusa non è solo inverosimile ma concretamente smentita dal processo: perché ci sono intercettazioni in cui si dice che il pasticcio fu deciso dal «triumvirato» che reggeva Expo. E il triumviro principale era lui, Sala, il manager messo alla testa di Expo con una sola missione: fare in tempo.

La richiesta di condanna è, per ora, solo una richiesta. Ma se anche, come è possibile, per il sindaco di Milano arrivasse la condanna si tratterebbe di una condanna poco più che virtuale. Il reato che vede Sala sotto accusa - falso materiale e ideologico - non è di quelli che per la legge Severino fanno scattare la decadenza immediata dalla carica. E prima che si arrivi alla sentenza definitiva, è praticamente certo che il reato, commesso più di sette anni fa, venga inghiottito dalla prescrizione. Ma si tratta in ogni caso di una macchiolina di cui Sala farebbe volentieri a meno, soprattutto mentre il suo nome circola con una certa insistenza come futuro leader della sinistra.

Il reato, anche secondo la ricostruzione dell'accusa, fu commesso a fin di bene, unicamente per esigenze di speditezza. Però l'intera vicenda processuale denota una disarmante spensieratezza del gruppo di lavoro creato da Sala attorno a sé, che di fronte al rischio di ricorsi al Tar e di conseguente blocco dei cantieri, si fece sostanzialmente prendere dal panico, e si mise alla caccia di una soluzione qualunque per evitare l'intoppo, fino ad approdare alla idea - quasi demenziale - di truccare le carte.

Beppe Sala, interrogato in aula sulla faccenda, se l'è cavata con dei «non ricordo»: non il miglior biglietto da visita per candidarsi alla guida del paese.

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