Quello che è non appare, mentre appare quel che non è. È una manovra sorprendente, quella che comincia il suo parto tra lancinanti dolori europei e non. I deputati di Forza Italia in commissione Bilancio alla Camera da ieri sono ancora più guardinghi e decisi a «vigilare» perché, dicono, «da queste prime battute a Montecitorio sembra che la maggioranza sia consapevole che quello presentato è solo un testo itinerante, una sorta di bozza che il governo è pronto a stravolgere con numerosi emendamenti del relatore che incideranno anche sulle misure più importanti».
Il resto del carico ce lo ha messo il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che nella lettera inviata a Bruxelles introduce due concetti abbastanza «innovativi» (e, se vogliamo, sospetti) a proposito delle cautele che il governo intende utilizzare. Che siano soltanto per gettare acqua sul fuoco, oppure no, lo si vedrà. Al momento, per un Salvini che ai quattro venti dichiara di non indietreggiare «di un millimetro», perché «a Bruxelles ci sono dei grafomani che mandano lettere e noi da persone educate rispondiamo», c'è anche un Tria che spiega come «l'indebitamento netto sarà sottoposto a costante monitoraggio» e che il ministro «assumerà tempestivamente, in caso di deviazione, le conseguenti iniziative correttive». Non solo: se le impostazioni della manovra restano «valide», con l'1,5% di crescita del Pil e il 2,4% di deficit, «la manovra è stata costruita sulla base del quadro macroeconomico tendenziale e non tiene conto della crescita programmata: questa impostazione introduce nella legge di bilancio un cuscinetto di salvaguardia che previene un deterioramento dei saldi di bilancio anche nel caso in cui gli obbiettivi di crescita non siano pienamente conseguiti».
«Cuscinetto di salvaguardia»: è evidente che il governo sta già cautelandosi rispetto a quello che tutti sostengono, ovvero che la crescita non potrà essere quella indicata. E d'altronde alcuni passi si stanno manifestando nel corso di queste ore. Il reddito di cittadinanza, per esempio, entrerà in vigore a marzo con decreto e presumibilmente avrà una platea molto inferiore a quanto previsto (o scritto). Le maglie del provvedimento dovrebbero essere assai strette e l'applicazione definitiva lasciata andare a dopo l'estate (come per i pensionamenti anticipati non si tratta di provvedimenti «con efficacia immediata»). In più ci sarebbero nel «collegato» anche norme volte a favorire il sostegno al lavoro, così da provare ad accedere ai 3,4 miliardi del Fondo sociale Ue. Lo stesso sta avvenendo sotto i nostri occhi per il superamento della Fornero: «Quota100» ormai è quasi solo uno slogan buono per le prossime Europee. La norma, si legge nell'ultima versione del Documento programmatico di bilancio inviato alla Ue, intende «favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro» e «a decorrere dal 2019 è istituito un fondo per la revisione del sistema attraverso l'introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l'assunzione di lavoratori giovani». Come spiegava il viceministro Garavaglia, sarà lasciata libertà di scelta: andare prima in pensione rinunciando a un bel gruzzoletto o restare.
Ulteriori «rassicurazioni» e trucchi contabili sembrano nascere dalle ottimistiche previsioni di dismissioni per incidere sul debito; dalla flessibilità chiesta per le eventi eccezionali; dal rinvio del grosso della Flat tax. Una manovra, come gli 80 euro di Renzi, in vista delle Europee (Politiche?) di maggio '19. E chi vivrà, poi vedrà (cosa fare).
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