Etruria, al via l'udienza sul crac. L'ira dei risparmiatori contro il Pd

Udienza al tribunale fallimentare di Arezzo sullo stato di insolvenza della vecchia Banca Etruria. I risparmiatori: "Governo Renzi a casa, vogliamo giustizia"

Etruria, al via l'udienza sul crac. L'ira dei risparmiatori contro il Pd

Un miliardo e 167 milioni di euro. È questo il deficit complessivo di Banca Etruria che è stata messa in liquidazione coatta amministrativa dal decreto del 22 novembre. Il deficit accumulato al 30 settembre vale 587 milioni di euro mentre altri 580 milioni sono stati accumulati al momento della risoluzione del 22 novembre. La somma che la vecchia Banca Etruria non è in grado di restituire al fondo di risoluzione e ad alcune categorie di obbligazionisti subordinati si aggira, invece, intorno ai 305 milioni di euro. Numeri impressionanti che il tribunale fallimentare di Arezzo ha messo nero su bianco durante l'udienza sullo stato di insolvenza della vecchia Banca Etruria.

"Mi raccomando, non votate più Pd. Al Comune hanno da dare 300mila euro". I risparmiatori di Banca Etruria sono infuriati. Si sono ritrovati davanti al Tribunale di Arezzo e urlano: "Ladri, ridateci tutti i nostri soldi". Una signora ripete ad alta voce: "Mi vergogno di stare in Italia, è diventata una barzelletta". "Governo Renzi a casa - fa eco un altro - vogliamo giustizia". Eppure, al termine di una udienza durata appena un'ora e venti, i giudici del Tribunale fallimentare di Arezzo si sono riservati sulla dichiarazione di insolvenza chiesta dal commissario di Banca Etruria Santoni e sull'eccezione di incostituzionalità del bail in avanzata dai legali dell'ultimo presidente Lorenzo Rosi.

Banca Etruria è stata commissariata nel febbraio 2015 dopo che la Banca d'Italia aveva individuato, sulla base delle ispezioni compiute, un grave dissesto finanziario. Il 28 dicembre il liquidatore Giuseppe Santoni ha presentato la dichiarazione di insolvenza, passo necessario dopo il cosiddetto decreto "salva banche" approvato dal governo, in palese conflitto di interessi con il ministro per le riforme Maria Elena Boschi e la sua famiglia, il 22 novembre scorso. Il decreto ha, infatti, causato la messa in liquidazione coatta di Banca Etruria di cui il papà della Boschi era il vicepresidente.

Se il verdetto accoglierà il ricorso di Santoni, verrà dichiarato lo stato di insolvenza e il fallimento. A quel punto, il Tribunale nominerà un curatore fallimentare. Se questi dovesse ravvisare condotte penalmente rilevanti a carico dei vecchi amministratori (tra cui l'ex presidente Lorenzo Rosi e l'ex vice presidente Pier Luigi Boschi, padre del ministro Maria Elena), il collegio dei giudici trasmetterà la relazione alla procura di Arezzo. Toccherà quindi al chiacchierato procuratore capo Roberto Rossi e agli altri pubblici ministeri del pool che indagano sul caso Banca Etruria analizzare le ragioni che hanno portato l'istituto di credito ad avere i conti in profondo rosso, ipotizzando il reato di bancarotta fraudolenta. Nella relazione di Santoni compare, infatti, una severissima critica della gestione dei prestiti concessi dall'istituto e mai rientrati per le difficoltà economiche. Prestiti che si aggirano interno ai 3 miliardi di euro.

"Le criticità affrontate con grave ritardo dagli organi aziendali - si legge nella relazione - erano consistite nella mancata tempestiva adozione di strategie, politiche e strutture dedicate alla gestione dei crediti deteriorati".

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