Cronache

Via l'imam di Vercelli. E la linea dura funziona: in due anni 159 espulsi

L'ultimo è un marocchino radicalizzato. Rifiutò la cittadinanza: "L'Italia è un Paese di miscredenti"

L'ultimo, un marocchino di 44 anni sposato con una convertita italiana e residente a Santhià in provincia di Vercelli, è stato rispedito a casa sabato scorso. Con lui sono già 26 gli estremisti considerati vicini agli ambienti del terrorismo islamico rimandati al Paese d'origine dall'inizio del 2017. Ben 159 sono quelli che hanno subito la stessa sorte dal gennaio 2015 a oggi.

L'espulsione immediata si delinea dunque come una delle principali strategie nella lotta al terrorismo adottate dal governo italiano. Una strategia avviata fin dal 2015 e perseguita con assoluta decisione anche dall'attuale ministro dell'Interno Marco Minniti concorde, evidentemente, nel considerare le espulsioni una delle misure più sicure ed efficaci per disinnescare la minaccia rappresentata da estremisti di origine straniera radicalizzatisi durante la permanenza nel nostro Paese. Pur non consentendo di svolgere indagini approfondite arrivando ai complici e ai terminali della attività svolte dagli espulsi il provvedimento consente di evitare le incertezze delle procedure giudiziarie. Procedure che spesso hanno visto ritornare in libertà elementi di notevole pericolosità su cui i magistrati ritenevano non esser state raccolte prove sufficienti. Un rischio assai presente quando le indagini non riguardano fatti concreti, ma semplicemente la propaganda a favore dello Stato Islamico, l'incitamento alla violenza o attività scoperte dagli inquirenti attraverso indagini d'intelligence coperte da segreto e non divulgabili nell'aula di un tribunale. Ovviamente l'efficacia dei 159 decreti di espulsione più recenti è strettamente legata alla particolare situazione dell'Italia. A differenza di quanto avviene in Francia, in Germania o in Inghilterra, da noi sono assai poco frequenti i casi di radicalizzazione riguardanti estremisti islamici nati in Italia o comunque in possesso di quei diritti di cittadinanza che ne renderebbero impossibile l'allontanamento. Un vantaggio destinato ovviamente a svanire qualora venisse facilitata la concessione della cittadinanza agli immigrati grazie all'introduzione della legge sullo «ius soli» sostenuta dal Partito Democratico.

Il più recente degli ormai frequentissimi provvedimenti d'espulsione firmati da Marco Minniti prende il via da una indagine della Digos di Vercelli che da tempo sorvegliava il marocchino 44enne conosciuto, un tempo, come l'imam della comunità islamica di Vercelli. I primi a denunciare le sue vedute radicali erano stati i suoi stessi fedeli che, dopo averlo sostituito con un imam di vedute più moderate, avevano provveduto a testimoniare davanti agli inquirenti. L'allarme era ulteriormente cresciuto quando l'ex imam - padre di tre figli avuti dalla moglie italiana - s'era rifiutato di giurare fedeltà sulla Costituzione e aveva così dovuto rinunciare alla nazionalità del nostro Paese. Secondo l'ex imam di Vercelli il giuramento su una costituzione che non rispetta gli ordinamenti della sharia equivaleva, infatti, a un insulto alla religione. Ma a preoccupare gli uomini della Digos c'erano anche elementi più seri delle semplici questioni politico-religiose. Dietro le continue critiche rivolte all'Italia definita una terra di miscredenti dove sarebbe impossibile crescere dei figli in base alle regole di Allah, gli investigatori avevano intravvisto un progressivo processo di radicalizzazione.

Un processo che aveva portato il 44enne marocchino a cercar contatti diretti con il mondo dell'estremismo islamico sia sul web sia nella vita reale.

Commenti