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Mattarella striglia Conte: basta decreti con il trucco

Il premier convocato al Colle. Il presidente: dov'è l'urgenza se 28 giorni dopo l'ok il testo non esiste?

Mattarella striglia Conte: basta decreti con il trucco

O cchi bassi, pochi sorrisi, umore sotto le scarpe. Quando sale sul Colle, nel primo pomeriggio, Giuseppe Conte ha l'aria abbacchiata dello studente indisciplinato, convocato dal preside per una ramanzina. E quando entra nello studio del capo dello Stato, deve sorbirsi quasi un'ora di ripetizione di diritto costituzionale. Sergio Mattarella, infatti, è parecchio infastidito, anzi «irritato» con il governo per il tira e molla sul decreto Sblocca-cantieri. Palazzo Chigi l'ha approvato il 20 marzo: sono passati 28 giorni ma, per colpa dei contrasti nella maggioranza, al Quirinale il testo ancora non si è visto. E un analogo ritardo è previsto pure per il decreto Crescita. Non si fa così, spiega il presidente a Conte. Prima si devono trovare gli accordi politici e dopo, soltanto dopo, si prendono i relativi provvedimenti. Non si può mettere la bandierina su una scatoletta vuota. Senza parlare poi delle coperture finanziarie, che il Quirinale giudica insufficienti.

Basta quindi con la strategia dell'annuncio. Se un governo sceglie la strada del decreto, è perché esistono pressanti motivi di urgenza. Peccato che, battendo tutti i record storici, stavolta sia trascorso quasi un mese: non era mai accaduto che un dl restasse sospeso per più di tre settimane. Che fine ha fatto l'urgenza? Dove è sparita la legge che dovrebbe sbloccare i cantieri e far ripartire il Paese? Semplice, si è impantanata nel fango delle diverse spinte elettoralistiche e le divergenti visioni politiche di Lega e Cinque stelle sulla materia. Due in particolare gli ostacoli da superare, il codice sugli appalti e la rigenerazione urbana. Se poi aggiungiamo la questione delle incerte coperture economiche, tutto il fascicolo si complica.

«Per me è tutto fatto, sono dossier che sono in mano alla presidenza del Consiglio», dice Matteo Salvini. Mattarella evidentemente non la pensa così. Già l'altro giorno aveva fatto filtrare il suo «disappunto» per le lungaggini. Ora la convocazione di Conte suona quasi come un ultimatum. Un decreto che la Ragioneria dello Stato non «bollina» e che anzi continua a rispedire al mittente. I contrasti nella maggioranza. I tempi che si fanno strettissimi, visto il calendario parlamentare e i ponti pasquali prossimi venturi. Ce n'è abbastanza perché il presidente intervenga.

E c'è un aspetto di diritto che disturba Mattarella, la formuletta di rito «salvo intese» che accompagna ormai i provvedimenti di questo governo. Un giochetto che è come un assegno postdatato, serve a far finta di aver trovato un'intesa: intanto io annuncio, poi si vedrà. Ma le intese devono essere raggiunte prima. Altrimenti capita, come sta succedendo adesso, che la trattativa tra i partiti cambi in modo sostanziale il testo originale.

Al punto che non si esclude la possibilità che il capo dello Stato, di fronte a un dl trasformato, chieda una seconda delibera del testo. In questo caso si ricomincerebbe tutto da capo. Il Consiglio dei ministri dovrebbe riunirsi e approvare la seconda versione dello Sblocca-cantieri, mettendo in carico alla maggioranza la responsabilità del ritardo. E attenzione perché, tra liti e distinguo, pure il decreto Crescita rischia di incagliarsi: tra Palazzo Chigi, Economia e Sviluppo, ne girano almeno tre differenti versioni.

Troppe, per il Colle.

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