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Legge elettorale, la Consulta ​nega il referendum alla Lega

La Consulta boccia il referendum sulla legge elettorale voluto dalla Lega. La Corte Costituzionale ha dichiarato il quesito inammissibile perché, se fosse passato,non avrebbe prodotto una legge immediatamente applicabile

Legge elettorale, la Consulta ​nega il referendum alla Lega

La Consulta boccia il referendum sulla legge elettorale voluto dalla Lega. La Corte Costituzionale ha dichiarato il quesito "inammissibile per l'assorbente ragione dell'eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l'autoapplicatività della 'normativa di risulta".

La sentenza della Corte Costituzionale

La richiesta di referendum elettorale "Abolizione del metodo proporzionale nell'attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica", era stata avanzata da otto Consigli regionali guidati dal centrodestra (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria), su iniziativa del senatore Roberto Calderoli. La Consulta spiega che la richiesta dei promotori referendari riguardava le due leggi elettorali del Senato e della Camera e aveva l'obiettivo di abolire la quota proporzionale così da avere una legge elettorale totalmente maggioritaria. Per garantire l'autoapplicatività della "normativa di risulta", - richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale - il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. La Corte, ha, dunque, prima esaminato in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli stessi Consigli regionali promotori e lo ha ritenuto inammissibile in quanto, fra l'altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum. La sentenza sarà depositata entro il 10 febbraio.

Le reazioni nel centrodestra

È stato vano, quindi, il tentativo della Lega di abolire la quota proporzionale così da avere una legge elettorale totalmente maggioritaria, come nel sistema inglese che prevede solo collegi uninominali. "È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica", ha commentato subito Matteo Salvini. Ancora più duro Calderoli che, in una nota, attacca: "Ieri il quotidiano la Repubblica scriveva ‘Cancellare Salvini’ e oggi con la decisione negativa della Consulta sul referendum sulla legge elettorale possiamo scrivere ‘cancelliamo il popolo’". Secondo il vicepresidente del Senato "la decisione inaspettata della Corte Costituzionale pone fine alla possibilità che possano essere presentati futuri referendum abrogativi in materia elettorale e quindi, di fatto, pone la materia elettorale tra quelle che non possono essere sottoposte a referendum", sebbene questo nella nostra Costituzione non ci sia scritto. Calderoli conclude con una previsione: "Questa decisione, insieme alla proposta della maggioranza di una legge elettorale proporzionale, il finto Germanicum, apre definitamente le porte al ritorno della prima Repubblica! Per cui ora facciamoci il segno della croce…".

Molto duro anche il commento di Giorgia Meloni che giudica prevedibile tale esito "sia per l’aspetto politico non gradito alla sinistra e quindi sgradito alla maggioranza della Consulta, sia per la natura tecnica del quesito a nostro avviso corretto ma obiettivamente al limite del consentito". Per il leader di Fratelli d'Italia "il centrodestra deve rilanciare subito con una proposta unitaria che dica no al tentativo dei rossi-gialli di farci tornare col proporzionale agli anni della Prima Repubblica quando, alla faccia dei cittadini, decidevano tutto i partiti che allora avevano almeno uomini, regole e strutture oggi assenti". La Meloni, così come ha fatto in questi giorni anche Giancarlo Giorgetti, rilancia il Mattarellum che aggiungerebbe alla legge attualmente in vigore "un premio di maggioranza di entità e caratteristiche già considerate ammissibili dalla Corte Costituzionale" così da "offrire agli italiani la certezza di avere la sera stessa delle elezioni, una maggioranza coesa scelta da loro”. Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, invece, pur nel rispetto delle decisioni della Corte, invita il centrodestra ad avanzare "una proposta elettorale condivisa che coniughi rappresentanza e governabilità" e conclude: "La Corte nelle precedenti sentenze con cui ha scritto le leggi elettorali, ha chiarito già cosa si può e non si può fare. Certamente si può immaginare una legge in cui la coalizione che vince le elezioni poi, stranamente, governi. Sempre che qualcuno non lo ritenga 'eccessivamente democratico". Le parole di Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, sono sulla stessa lunghezza d'onda: "Il ritorno al passato che la maggioranza vorrebbe imporre non può essere la soluzione, che va invece ricercata in un sistema misto maggioritario-proporzionale che incoraggi la formazione di coalizioni politicamente omogenee, senza obbligare il popolo a firmare una delega in bianco ai partiti. In democrazia deve vincere chi prende un voto in più, questa è la regola aurea che va ripristinata dopo lo spettacolo dei governi-ribaltone di questa legislatura".

L'attacco di Luigi Di Maio alla Lega

Luigi Di Maio, invece, ha colto l'occasione per attaccare su Facebook i leghisti: "Volevano introdurre in Italia un sistema elettorale totalmente maggioritario, garantendo meno rappresentanza ai cittadini. Non ci stupisce, del resto quello che importa a loro in questo momento è trovare un modo per accaparrarsi più poltrone possibili". Mentre i suoi passano agli insulti, il capo politico del M5S ha spiegato che, per i pentastellati l'importante "è che i cittadini italiani, il giorno dopo le elezioni, si sentano davvero rappresentati in Parlamento. E per ottenere questo, la strada da seguire è quella del proporzionale" e ha rilanciato il "Germanellum", presentato questa settimana dal grillino Giuseppe Brescia, presidente della commissione Cultura della Camera.

Di Maio, dopo aver ricordato il suo impegno per l'abbassamento delle tasse, per la revoca delle concessioni autostradale ad Atlantia e nel campo della giustizia, si è detto pronto "a dare il via alla campagna referendaria sul taglio dei parlamentari così da eliminare, definitivamente, 345 poltrone che alcune forze politiche non vogliono proprio mollare".

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