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Trump straccia l'intesa: "Iran, regime fanatico. Non avrà mai l'atomica"

Critici gli alleati europei e gli altri firmatari. Per Gerusalemme è "una scelta coraggiosa"

Trump straccia l'intesa: "Iran, regime fanatico. Non avrà mai l'atomica"

Ultimatum di Donald Trump sull'Iran: il presidente americano «decertifica» l'accordo sul nucleare, ma almeno per ora non lo abbandona. E dà istruzione alla sua amministrazione di «lavorare con il Congresso e con gli alleati, in modo che il regime iraniano non minacci il mondo con armi nucleari». Però, in caso di mancato raggiungimento di un punto comune, si riserva di «revocare l'accordo in qualsiasi momento». In sostanza assesta un duro colpo all'intesa senza distruggerla del tutto. Dopo aver a lungo minacciato di uscire dall'intesa dei 5+1 firmata dal predecessore Barack Obama, «una delle peggiori e più sbilanciate che gli Usa abbiano mai intrapreso», il tycoon parla alla nazione per annunciare la nuova strategia su Teheran. «Non possiamo effettuare la certificazione, e non lo faremo», dice Trump. Non accusa Teheran di aver violato la sostanza dell'intesa - visto che anche l'Aiea ne ha certificato il rispetto - ma sostiene che ne viola «lo spirito». E passa la palla a Capitol Hill, invitando i legislatori ad adottare una nuova legge in cui precisare le condizioni alle quali potrebbero essere reintrodotte le sanzioni.

Immediata la reazione del presidente iraniano, Hassan Rohani: «Trump non può fare quello che vuole», attacca in tv, l'accordo sul nucleare è «stato ratificato dall'Onu, non è un patto bilaterale». Per l'Alto Rappresentante dell'Ue, Federica Mogherini, «non possiamo permetterci di mettere fine a un accordo che sta dando risultati». Anche lei sottolinea che «è una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu, e non è facoltà di nessun singolo paese mettergli fine». Francia, Gran Bretagna e Germania affermano che preservarla è nel «comune interesse nazionale» e la Russia conferma il suo impegno. Mentre per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, quella di Trump è «una decisione coraggiosa».

L'inquilino della Casa Bianca, da parte sua, assicura che non ripeterà gli errori di Obama. «La storia ha mostrato che più a lungo ignoriamo una minaccia, più questa diventa pericolosa», chiosa. A suo parere la Repubblica Islamica è sotto il controllo di un regime fanatico, e l'aggressione della sua dittatura continua anche oggi. Come presidente «il mio maggiore obbligo è garantire la sicurezza del popolo americano», ribadisce, assicurando l'adozione di «misure per assicurarsi che l'Iran non acquisisca mai armi nucleari». Ed è proprio questo il principale dei sei punti chiave della nuova strategia. Che punta poi a «neutralizzare l'influenza destabilizzante del governo iraniano e a contenere la sua aggressione, in particolare il supporto per il terrorismo e i militanti». Washington vuole inoltre contrastare la minaccia dei missili balistici e «di altre armi asimmetriche», «rivitalizzare le tradizionali alleanze regionali», e lavorare per «negare al regime iraniano, e specialmente al Corpo della guardia rivoluzionaria islamica, i fondi per le sue attività maligne». Per questo annuncia «sanzioni dure» contro i guardiani della rivoluzione iraniani: misure restrittive che secondo il segretario di stato Rex Tillerson non sono in conflitto con l'accordo esistente.

Intanto, dopo la decertificazione, il Congresso ha tre possibilità. La prima, spiega Tillerson, è non fare nulla, la seconda reintrodurre le sanzioni, e la terza è emendare la legge Usa sulla certificazione eliminando la scadenza periodica dei 90 giorni per il presidente.

E inserendo dei «trigger point», ossia delle linee rosse oltre le quali le sanzioni scattano in modo automatico, come la prosecuzione del programma balistico e il rifiuto di estendere la durata dei vincoli sulla produzione di combustibile nucleare.

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