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Enrico Ruggeri: "Siamo come una rana bollita. ​Vi spiego che cosa è successo"

Intervista al cantautore, uno dei pochi che non ha paura di andare controcorrente: "Tanti la pensano così, ma non lo dicono per paura di ritorsioni"

Enrico Ruggeri: "Siamo come una rana bollita. ​Vi spiego che cosa è successo"

Trovare un artista che ha il coraggio di esprimere le proprie idee in pubblico, soprattutto quando queste sono politicamente scorrette, è cosa rara. “Molti hanno famiglia e hanno paura di perdere il lavoro”, se lo spiega così Enrico Ruggeri il silenzio del mondo dello spettacolo, di chi ha deciso di non prendere mai una posizione, anche durante il Covid, per paura di ritorsioni. Lui invece no. Cantautore, scrittore, conduttore televisivo e radiofonico, vincitore per due volte del Festival di Sanremo, non si è mai tirato indietro e oggi al Giornale.it racconta il suo rammarico nel vedere come la società stia vivendo la pandemia passivamente, soccombendo di fatto senza reagire.

Si sarebbe mai immaginato di vivere una situazione del genere?

"Le rispondo con una domanda. Conosce il principio della rana bollita di Noam Chomsky?".

No, mi manca. Sentiamo…

"È l’esempio che questo pensatore anarchico statunitense fa per raccontare come l’uomo sia ormai in grado di adattarsi alle situazioni più spiacevoli, accettandole senza dir nulla. Se mettiamo una rana in un pentolone di acqua bollente, la rana salta subito fuori. Se invece l’acqua è fredda e la riscaldiamo gradualmente, la rana non scappa via, nuota, si abitua fino al punto di non riuscire più a muoversi".

Morale?

"La rana, con l’acqua che è diventata nel frattempo caldissima, finisce morta bollita. Ecco, noi siamo come la rana bollita: ormai ci siamo abituati a tutto. Prima ci hanno tolto i viaggi, poi hanno imposto il coprifuoco, poi hanno chiuso i ristoranti tutto il giorno e noi abbiamo passato il tempo a dire ‘vabbè che sarà mai’… così, un passo alla volta, abbiamo perso la nostra libertà".

Ma avevamo un’alternativa?

"Non sapremo mai cosa sarebbe successo, se avessimo lasciato tutto aperto. Magari avremmo avuto gli stessi morti, chi può dirlo? Anche gli esperti spesso litigano tra di loro e non hanno un'unica ricetta per uscire dalla pandemia. Io posso solo dire che non si può continuare così: stiamo rinunciando a vivere per paura di morire".

Ma dicendo queste cose, non ha paura di essere chiamato negazionista?

"Negazionista è una parola antipatica che richiama cose terribili. E comunque finora mi hanno augurato davvero di tutto: di morire, di prendere il covid… ma io sono fatto così. Non mi sono mai risparmiato, quando c'era da prendere posizione. E poi chiariamo: il virus c’è e nessuno vuole negarlo, così come nessuno vuole mancare di rispetto alle migliaia di vittime e alle loro famiglie".

Nel mondo della musica è l’unico a pensarla in questo modo?

"No, guardi. Ho il record di congratulazioni in segreto. Quando parlo, mi arrivano decine di messaggi dai colleghi che magari preferiscono restare in silenzio. Direi che nel mio mondo la maggioranza la pensa come me".

Anche se parlano in pochissimi?

"Certo. Io ho le spalle larghe, ma molti hanno timore di non lavorare più. Le assicuro che spesso è molto meglio tacere".

Ecco però in concreto che cosa bisognerebbe fare?

"Per esempio riaprire subito i teatri. È chiaro che oggi non si può autorizzare il concerto di Vasco Rossi allo stadio Olimpico con 60 mila persone, ma il teatro con mille persone sì. Basterebbe fare tamponi a tutti gli spettatori, anche perché ormai costano quanto due banchi a rotelle. Ci vorrebbe uno Stato più forte in grado di intervenire".

Intanto è cambiato il governo…

"Sì, ma non sembra essere cambiata la strategia contro il covid. Anche questo, come il precedente, sembra essere tenuto in scacco dai virologi. E guardi che adesso è molto semplice stare al governo".

In che senso?

"Se le cose vanno bene è merito dei dpcm e di chi sta a Palazzo Chigi".

E se invece vanno male, la colpa di chi è?

"Ovvio, nostra. Perché siamo usciti, ci siamo incontrati… la movida. Insomma lo spartito ormai è ben noto. Ma nessuno si rende conto che il problema non è chi beve il cocktail, ma chi lo prepara. Stiamo rischiando di avere migliaia di disoccupati. Io se un anno non lavoro, mi incazzo ma me la cavo. Non ho bisogno di andare da Barbara D’Urso a piangere miseria. Ma tutti gli altri come fanno? C’è gente che non sa veramente più come andare avanti".

Il ministro Speranza però dice che la salute viene prima di tutto…

"Se il mondo si fosse fermato al ‘pensa alla salute’, non ci sarebbe stato alcun progresso. Cristoforo Colombo non avrebbe scoperto l’America. I partigiani non avrebbero liberato l’Italia, per fare un esempio di sinistra. Ma oggi è proprio la sinistra a vivere un paradosso curioso".

A cosa si riferisce?

"La sinistra si è sempre caratterizzata nella storia per aver difeso i diritti e le libertà personali. I compagni si sono sempre battuti per questo".

E adesso?

"Ora avviene il contrario. La sinistra vince a Corso Venezia a Milano, mentre la destra viene votata nelle periferie. Succede in Italia, ma anche in Francia con Marine Le Pen. È un fenomeno anomalo che spiega come in realtà la sinistra non sia più in grado di intestarsi le battaglie che l’hanno sempre contraddistinta".

Una delle ultime battaglie è stato impedire di avere il pubblico al Festival di Sanremo…

"Immagino che se avessero optato per l’Ariston pieno di gente, avrebbero avuto centinaia di lavoratori del mondo dello spettacolo fuori con i forconi. Non avevano altra scelta".

C’è anche chi avrebbe fatto a meno del Festival...

"Follia. Sanremo è la manifestazione più remunerativa per la Rai. Non farlo avrebbe significato un danno enorme".

Ma come le sembra l’atmosfera generale?

"Ho sentito alcuni amici. Mi hanno raccontato di una situazione surreale: vivono blindati in camera. Manca tutto il contorno…".

Contorno che lei conosce bene, visto che l’ha vinto due volte. Nel 1987 con ‘Si può dare di più’ assieme a Gianni Morandi e Umberto Tozzi. E nel 1993 con ‘Mistero’. Ci dica chi sarà il vincitore di questa strana edizione…

"Non posso darle un pronostico perché non ho ascoltato le canzoni in gara. Da interista ho preferito gufare contro la Juve, lo ammetto".

Ma ci sarebbe andato come ospite?

"Sì. Se mi avessero invitato, ci sarei andato volentieri per il mio ultimo singolo: ‘L’America’. È una canzone dedicata a Chico Forti. La sua storia mi emoziona e mi indigna così quando ho visto che si stava per muovere qualcosa, che Chico sarebbe potuto tornare in Italia, ho subito deciso di realizzare un videoclip assieme a Massimo Chiodelli, uno dei più grandi fumettisti italiani, e a Thomas Salme, regista svedese e amico di Chico".

Nessuno però l’ha contattata?

"No, peccato. Anche perché questa canzone è un atto d’amore nei confronti di una storia che dovrebbero conoscere tutti. Ma francamente più non mi aspettavo di essere chiamato".

Quando potrà finalmente cantarla su un palco?

"Spero presto. Anche perché tutti noi cantanti stiamo vivendo un sopruso, un’ingiustizia.

E un’ingiustizia la stanno vivendo anche i tanti amanti della musica".

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