Cultura e Spettacoli

"Un film e due tournée perché amo rischiare"

L'1 dicembre su Raitre il musicista si racconta Dal 28 febbraio un mese di fila di show a Roma

"Un film e due tournée perché amo rischiare"

Francesco De Gregori fuma robuste Gitanes nella sua stanza in un noto albergo milanese, aprendo leggermente la finestra sul freddo polare di questi giorni. È visibilmente caricato e pronto a presentare i nuovi progetti che lo vedranno impegnato da qui a tutto l'anno prossimo. Prima di tutto c'è Vero dal vivo, il film-documentario sulla sua tournée, che ha toccato anche gli States (per la regia del noto fotografo Daniele Barraco) che andrà in onda in Tv l'1 dicembre in prima serata su Raitre. Poi ci sono due tournée, una in partenza a febbraio nei piccoli club, e una nelle grandi e storiche arene con una grande orchestra. Senza dimenticare il singolo Anema e core, cantato in coppia con la moglie e con la copertina di Mimmo Palladino, che dopo la serie con xilografie numerate esce ora sul mercato internazionale.

Perché Anema e core?

«La canzone napoletana è un oggetto incandescente da maneggiare e soprattutto Anema e core è una poesia che racconta una vera passione d'amore. Un giorno andai a Napoli e portai mia moglie in un ristorante dove c'era un cantante che la eseguiva sempre. Quella volta non venne. Fui deluso ma la cantai io stesso e lei mi accompagnò. Così ci venne l'idea di inciderla».

Una bella sfida.

«Mai come oggi sento il desiderio di aprire nuove strade e di giocare con la musica; non a caso in inglese play significa sia suonare che giocare. E amo anche rischiare, così siamo andati ad inciderla a Bath, negli studi di Peter Gabriel».

Da uno chiuso come lei non ci si aspettava un film.

«Così la smetteranno di dire che sono un orso, il che non è vero. Qualcuno dice che sono uno stronzo, e nel film si vede esattamente questa mia attitudine. Non è un film musicale, ci sono pochi spezzoni di canzoni, è il dietro le quinte della mia tournée, ci sono incontri, luoghi come il Bataclan a Parigi o il mio soggiorno negli States. È il racconto senza filtri della vita di un musicista, schegge di vita».

E poi addirittura due tournée.

«Il primo progetto partirà il 28 febbraio. Un mese di concerti - cinque alla settimana - al Teatro Garbatella di Roma dal titolo Off The Record. Solo io e il mio gruppo, senza batteria. Sarà un po' come fare teatro; un modo diverso di suonare e di stare a stretto contatto con il pubblico. Sarà una specie di jam session. Al pomeriggio proveremo alcuni brani da proporre alla sera e faremo un repertorio completamente diverso dal mio tradizionale. Tutto a sorpresa. Del resto il mio pubblico si divide tra coloro che vengono ai concerti per ascoltare Generale e La donna cannone e quelli che non ne possono più e vorrebbero brani meno noti. Lo faccio per non cedere alla ripetitività e alla prevedibilità. Un artista a un certo punto deve rischiare. Se i concerti andranno bene mi piacerebbe ripetere l'esperimento a Milano».

Quindi la seconda serie di concerti?

«Il secondo progetto partirà l'11 giugno dal Teatro di Caracalla e si chiamerà Greatest Hits Live.. Passerò da un teatro da 200 posti a spazi da migliaia di persone. Oltre alla mia band avrò un'orchestra di 40 elementi e un quartetto. E lì mi impegnerò ad eseguire tutti i miei classici, in versione riarrangiata».

Lei è un grande appassionato di letteratura, quali sono gli autori che più l'hanno influenzata?

«Tutta la letteratura mi ha influenzato in modo indiretto, ma anche le altre forme artistiche. Titanic non l'avrei mai incisa se non avessi letto La fine del Titanic di Enzensberger, che ha scritto un magnifico racconto in 33 canti sulla tragedia, così come Generale è ispirata da Addio alle armi di Hemingway. Buffalo Bill invece è influenzata dal cinema di Sam Peckinpah, soprattutto La ballata di Cable Hogue, e Guanto dalle opere di Klinger. Ma anche la pubblicità è una forma d'arte a cui mi ispiro, basti pensare all'attacco di Niente da capire».

Torniamo un attimo alle sue radici musicali invece.

«Arrivai al Folkstudio con in testa la musica beat dei Rokes e dell'Equipe 84. Lì scoprii la ricchezza della musica popolare italiana, da Giovanna Marini a Otello Profazio. Poi De André fu un'esperienza totalizzante; grazie a lui scoprii che con le canzoni si potevano raccontare delle storie reali. Andro Cecovini, figlio dello scrittore Manlio, mi fece scoprire Leonard Cohen, e alla fine, su di me si abbatté l'uragano Bob Dylan.

Aver tradotto le sue canzoni è una delle cose di cui vado più orgoglioso».

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