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Il nuovo Marco Mengoni si trasforma dal vivo: "Ora più sicuro sul palco"

Uno show di due ore che passerà da Milano: «L'idea mi è venuta grazie ai Talking Heads»

Il nuovo Marco Mengoni si trasforma dal vivo: "Ora più sicuro sul palco"

nostro inviato a Torino

Allora diciamolo subito: Marco Mengoni non è mai stato così convincente sul palco. L'altra sera al PalaAlpitour ha battezzato l'Atlantico Tour italiano dopo aver fatto un po' di rodaggio in alcune capitali europee e ha portato in scena uno spettacolo vivo, articolato, capace di rinascere sera dopo sera senza perdere mordente. Come una vera climax, parte scarno di colori, quasi un bianconero alla Giorgio Armani (che lo veste) e poi progressivamente si accende, inizia a pulsare e il pubblico alla fine balla e salta manco fosse in discoteca. «Mi sento più consapevole e addirittura più freddo quando salgo sul palco perché riesco a trascinare l'emozione fin davanti al pubblico. Prima spesso me ne lasciavo sopraffare, avevo paura e perdevo energie», ha spiegato dopo nei camerini. E si vede subito, sin da quando in un mare di fumi bianchi arriva lui vestito di bianco a cantare Muhammad Alì con il manifesto d'intenti ben scritto sopra al palco: «I'm gonna show you how great I am» (sto per dimostrarvi quanto sono grande), la dichiarazione che Mengoni mette in pratica alla sua maniera, armoniosa e varia.

Due ore di concerto. Ventisei brani e due monologhi. E un palco che si trasforma, si muove e forse rappresenta la miglior realizzazione finora di Giò Forma. «Anni fa rimasi folgorato da uno show dei Talking Heads, forse è nata lì l'idea di uno spettacolo in continua evoluzione».

Un crescendo che all'inizio quasi stordisce il pubblico quasi incalzato da Voglio, Ti ho voluto bene veramente fino ad Atlantico e Pronto a correre, dove oltretutto Mengoni mette in chiaro quanto si sia evoluto anche nell'uso stesso della voce, nella sua padronanza e nella capacità di attribuire il colore giusto ai singoli accenti. Poi c'è il primo monologo, che si intitola Sei tutto e riflette su ciò che siamo e su ciò che ci manca. «A me manca soprattutto il tempo», dirà dopo. Poi, bum!, arrivano i colori, le luci diventano arcobaleno e fulminano raggi in platea. Il ritmo si allarga e gli arrangiamenti iniziano a diventare più profondi, più tribali e contaminati in La casa Azul (splendida) e Amalia in un tripudio di percussioni. Non c'è stato bisogno dell'invito di Mengoni («Sudate!») perché il pubblico iniziasse a ballare sempre meno composto e sempre più chiassoso. «Qui arriva il secondo monologo che sostanzialmente vuole dire: riflettiamo». Lui dice che «siamo stati più belli di così, più buoni», poi accenna al flusso dei social che tolgono la memoria e poi alla regola di vita che è anche sua nella vita di tutti i giorni: «Sii gentile, sempre».

Prima aveva cantato a mezz'aria su di una passerella sospesa. Si era mosso come Michael Jackson, aveva «mashuppato» citazioni anche di Kanye West e Adele. Era stato insomma un perfomer eclettico e per nulla «ingessato dall'aria pesante di ogni debutto. Poi però il colpo di scena: ha fatto spegnere le luci seguendo, come ha spiegato, «un escamotage per togliere i telefoni» che fino a quel momento lo avevano mitragliato (come insopportabilmente quasi sempre accade ai concerti) per condividere immagini zoppicanti sui social. «Vado a vedere tutti i concerti possibili e immaginabili e guardo anche cosa fa il pubblico. Ho pensato che in due ore di spettacolo fosse possibile concedersi tre minuti di silenzio». Mossa riuscita, chapeau.

Da lì in avanti un concerto in discesa, con una Esseri umani praticamente perfetta e i due bis avvolti da un coro enorme. Prima L'essenziale (accennata in precedenza solo al piano) e poi una sinuosa, intensa Hola che sul disco Atlantico (già 40 milioni di streaming) lui condivide con Tom Walker. «Verrà a trovarmi in tour? Chissà» sorride lasciando intendere più un sì che un no.

Paradossalmente, lo show non ha bisogno di ospiti perché non sembra avere punti deboli, a parte forse una limata nel numero dei brani nella parte centrale. Per il resto è un concerto che vale il biglietto e conferma un'altra volta che, nei suoi tormenti e nella continua voglia di cambiare, Mengoni è uno dei pochi artisti che continui a crescere.

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