Cultura e Spettacoli

"Vi racconto Napoli capitale del teatro"

Intervista a Ruggero Cappuccio, direttore del Napoli Teatro Festival che termina il 10 luglio: "155 spettacoli in tutta la città a prezzi democratici"

"Vi racconto Napoli capitale del teatro"

«Dieci anni di festival non si poteva che celebrarli coinvolgendo tutta la città. I risultati ci danno ragione». La parole sono di Ruggero Cappuccio, drammaturgo, nuovo direttore del Napoli Teatro Festival, la fortunata rassegna che ogni anno per oltre un mese ospita le migliori compagnie nazionali e internazionali. Oltre che nei contenuti, il decennale della kermesse che termina il 10 luglio è originale anche in un format che il neodirettore definisce democratico. «Quest’anno abbiamo un cartellone di 155 appuntamenti che coinvolgono i maggiori teatri, oltre che luoghi non convenzionali - dice Cappuccio - ebbene i biglietti sono passati da un prezzo di 34 euro a otto euro per tutti gli under 30, mentre i pensionati hanno l’accesso gratuito. Un modo per consentire ai giovani il diritto di assistere a molti spettacoli». Anche perchè il festival - che oltre alla prosa coinvolge anche danza, arti visive e letteratura - ha proposto decine di debutti in prima assoluta, come quello di Angelica Liddell (con “Genesi 6, 6-7”, terzo capitolo del suo lavoro sull’Infinito il 17 e 18 giugno al Teatro Politeama), di Dimitris Papaioannou (che presenta “The Great Tamer”, il 23 e 24 giugno), di Jan Fabre ( con “Belgian Rules”, in anteprima assoluta l’1 e 2 luglio, poi a Vienna, Roma, Siviglia, Amsterdam, Anversa).

Cappuccio, autore dello spettacolo «Shakespea Re di Napoli» che da anni attraversa i teatri di tutto il mondo, è ben conscio dell’unicità di un festival che ha come sede un palcoscenico a cielo aperto quale è Partenope.

«Generalmente i grandi festival internazionali si tengono in piccole città, come Avignone, Edimburgo o Spoleto. Il nostro è forse l’unico che va in scena in una megalopoli eppure riesce davvero a interagire con il territorio e la sua storia artistica, riuscendo anche a incantare i registi stranieri. La ragione? L’immenso patrimonio culturale di questa città, ma anche il fatto che è l’unica ad aver avuto, tra Ottocento e Novecento, grandissimi autori che erano al contempo impagabili attori: mi riferisco a Eduardo, a Scarpetta, a Viviani o a Petito».

Anche quest’anno il palinsesto abbraccia la città nei suoi grandi teatri ma anche nei palazzi storici, le dimore nobiliari.

«Abbiamo voluto concentrare le sedi istituzionali in un centro pulsante che abbraccia la Reggia di piazza Plebiscito, i teatri Politeama, San Carlo, Bellini. Tuttavia, anche stavolta abbiamo scelto location suggestive in centro come in periferia e anche nell’hinterland. Qualche esempio? Villa Pignatelli, Palazzo Cellamare, e lo stesso Palazzo Reale, mentre altre sedi in Campania sono la scalinata del Duomo di Amalfi, la periferia di San Giovanni a Teduccio (dove opera il collettivo del Nest), e gli stessi altri capoluoghi di regione suddivisi per temi: Salerno è stata associata al tema dell’acqua, Benevento a quello del fuoco, Caserta a quello dell’aria, Avellino a quello della terra».

Napoli terra di rappresentazione, ma anche laboratorio di idee. In questi giorni grandi registi come Peter Brook hanno tenuto interventi sul rapporto tra identità e grandi classici come Shakespeare.

«Già, Brook è rimasto sorpreso per le forti assonanze fonetiche e ritmiche tra lingua di Shakespeare e il napoletano in cui io stesso ho tradotto i sonetti. Tengo a dire che la formazione e il rapporto tra i grandi maestri e i nuovi talenti è uno degli aspetti su cui ho puntato maggiormente in questo mio mandato. Oltre a Brook, Eimuntas Nekrosius e Tomi Janežič, sono invitati a Napoli per condividere la loro arte con giovani artisti della regione; così come Bruno Leone, Maurizio Capone, Laura Curino, Elena Bucci, Enzo Marangelo, Andrea Renzi, Spiro Scimone e Francesco Sframeli avvieranno qui i loro laboratori con giovani allievi italiani e stranieri.

Anche quest’anno, tra i molteplici appuntamenti, non mancano progetti speciali legati all’arte (come la collaborazione con Mimmo Paladino) o alla musica, al cinema e alla letteratura. Non c’è il rischio di un’eccessiva dispersione di energie?

«No, perchè credo fortemente nell’abbattimento delle barriere tra le arti. Il teatro poi le racchiude tutte, dalla scrittura, alla scenografia, dalla musica alla danza. In ogni caso, i risultati ci danno ragione perchè il palinsesto ha 30 appuntamenti sold out e gli altri al 90 per cento.

Segno di una grande sete di cultura che Napoli, con i suoi 30mila spettatori, è in grado di appagare».

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