"Abusato a 11 anni, pensavo al suicidio". Parla l'uomo che ha incontrato papa Francesco

Emmanuel oggi ha 65 anni: "Mi sono salvato per il mio secondo figlio, che è Down"

"Abusato a 11 anni, pensavo al suicidio". Parla l'uomo che ha incontrato papa Francesco
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«Gli abusi generano atroci sofferenze e ferite, minando anche il cammino della fede». Venerdì mattina nella basilica del Sacro Cuore di Koekelberg, in Belgio, Papa Francesco ha tuonato nuovamente contro la pedofilia nella Chiesa, una macchia per la chiesa belga: dal 2012 sono state presentate oltre mille denunce contro membri del clero. Due sere fa Bergoglio ha voluto incontrare nella nunziatura di Bruxelles un gruppo di vittime, tra queste c'era Emmanuel, oggi sessantacinquenne. Ha accettato di parlare a Il Giornale.

Emmanuel, si aspettava l'incontro con Papa Francesco?

«È stata una grande sorpresa, non me l'aspettavo! Non avevo mai sentito parole come quelle pronunciate dal Pontefice: abbiamo visto tutti il suo dolore, la sua vergogna, la sua tristezza per quanto ci è accaduto».

Cosa vi ha detto?

«Ha detto chiaramente: Mi vergogno per quello che avete subito dalla Chiesa, mi fa male al cuore. Siamo tutti peccatori, ci sono peccati morali e peccati criminali, gli abusi sono un peccato criminale».

Lei gli ha raccontato la sua storia?

«Il tempo non sarebbe bastato, gli ho raccontato ciò che vive nei nostri cuori, la sofferenza che non ci abbandona mai. Gli ho anche detto che mi ha fatto piacere sentire il suo discorso al palazzo reale qualche giorno fa perché ha condannato la Chiesa in pubblico. Lì ho visto un cambiamento, vuol davvero che le cose cambino».

A proposito della sua storia, lei aveva undici anni quando è stato abusato...

«Sì, era il 1971, mio padre era morto da un anno e mia madre mi mandò in un collegio dove rimanevo per tutta la settimana. Tornavo a casa il sabato pomeriggio e rientravo in istituto già la domenica sera. Avevo il terrore a tornare lì: in quei momenti non sai cosa ti succede, rimani bloccato. Inoltre, ti senti colpevole, provi vergogna a parlarne: c'è tanta sofferenza e tanta solitudine. E fai anche brutti pensieri...».

Li ha fatti davvero questi pensieri?

«Sì, ho pensato al suicidio diverso tempo dopo. Per fortuna sono riuscito a salvarmi».

Come?

«Grazie al mio secondo figlio, Samuele, che ha la Sindrome di Down. Tutto quello che nascondevo dentro di me, che pensavo non ci fosse più, quando lui è nato è uscito fuori come un vulcano, è stata un'eruzione. E mi sono salvato perché ho visto quella piccola creatura che aveva bisogno di me. Ho visto una foto in cui lo tenevo in braccio e mi sono fermato. È stato un percorso doloroso, ma mi sono ripreso grazie all'amore della mia famiglia, alla fede e alla terapia».

Ha perdonato chi ha abusato di lei?

«È un processo che richiede tempo. Mi domando: perdonare chi mi ha fatto del male cancellerà il dolore che ho subito? Riuscirà a cancellare le ferite? E la persona non dovrà assumersi la responsabilità delle sue azioni? No, ma mi libera dai pensieri di odio e dal peso che comportano. Concedere il perdono non è solo per il bene della persona che mi ha fatto del male, ma anche per il mio stesso bene. Trovo forza nella grazia di Cristo».

Grazie al Papa ha pensato che nella Chiesa ci sia anche del buono?

«Sì, l'ho sempre sostenuto. Ho sempre sperato che nella Chiesa ci fossero persone col cuore al posto giusto, che fanno ciò che c'è scritto nel Vangelo, che vogliono solo portare il messaggio d'amore di Gesù Cristo».

Ha trovato un po' di conforto?

«Sì, in quattordici anni con la Chiesa belga, non ho mai sentito pronunciare parole come quelle del Papa. L'ho sentito vicino, come se capisse davvero il dolore che ci portiamo dentro».

Cosa rimane dell'incontro col Papa?

«Un grande calore, una speranza: ho visto l'uomo dietro il Papa, un uomo che penso voglia riparare ciò che forse non può essere riparato».

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