In 10mila per l’addio a Sara «Era diventata figlia di tutti noi»

TarantoI fiori adagiati sulla bara bianca, i palloncini a forma di cuore tenuti dai bambini, la gente con gli occhi fissi sulla grande fotografia dove c’è lei con il volto sorridente, quasi volesse rassicurare e consolare tutti dicendo che adesso il calvario è davvero finito. E poi il silenzio, che si scioglie in un applauso carico di dolore e commozione nel mite pomeriggio di questo angolo ferito di Puglia, le parole del fratello vestito di scuro, il padre con la maglietta grigia che si asciuga le lacrime con il fazzoletto e infine la madre, lei giunta alla fine sul palco che ha ospitato l’altare, lo sguardo impietrito.
Così la gente di Avetrana ha dato l’ultimo saluto a Sara Scazzi - la moglie dell’assassino e le due figlie si sono presentate solo nella camera ardente- la ragazza massacrata dallo zio mostro che prima ha ucciso e poi ha messo in scena la sua macabra recita. Quasi diecimila persone, si sono ritrovate nel campo sportivo comunale, il luogo scelto per il funerale di Sara: non c’era un altro posto così grande e qui si sono radunati i parenti, gli amici, gli studenti, le forze dell’ordine, il sindaco e la gente comune di questo paese di neanche novemila abitanti a una quarantina di chilometri da Taranto, dove le settimane sono state scandite da speranze e illusioni, tutto spazzato via quando dalle campagne di San Pancrazio Salentino è affiorata la cisterna della morte.
«Immaginavo un futuro più bello per te, Sara, insieme alle persone che ti volevano bene», dice al microfono il fratello Claudio al termine della cerimonia mentre la gente applaude, agita gli striscioni, lascia un fiore o un pensiero. «Ringrazio tutti quelli che ci sono stati vicini, il Comune di Avetrana e tutti i parenti», aggiunge il giovane con la voce rotta dalla commozione.
Il grande campo sportivo è illuminato dal sole del primo pomeriggio che brilla in un cielo pulito attraversato da due colombe bianche, liberate quando la bara lascia la camera ardente. «È un giorno triste – dice il parroco della chiesa del Sacro Cuore di Avetrana, don Mario De Stefano – che chiude un tempo di attese, sofferenze, speranze e delusioni». Il sacerdote parla di Sara, «la nostra Sara che abbiamo cercato per tanti giorni senza arrenderci: abbiamo lottato perché volevamo rivederla sorridere, ascoltare i suoi progetti e desideri, ma tutto questo non si è avverato». Poi si rivolge ai tanti ragazzi giunti nel campo sportivo per l’ultimo saluto: «Non è vero che i giovani sono vuoti, sono solo fragili», dice. E ancora: «Non abbiate paura a raccontare le vostre difficoltà, le vostre paure a chi vi ama veramente e vi può indicare una strada sicura, non chiudetevi nella vostra solitudine – aggiunge – che può diventare angoscia». «Cara Sara – prosegue il parroco – ora ci rivolgiamo a te, è giunto il momento di affidarti al Signore, vorremmo che questo splendido sole parlasse un po’ dell’amore infinito di Dio in cui ora ti trovi. Vogliamo ricordati così – conclude – col tuo sorriso e i tuoi sogni».
La gente ascolta in silenzio: c’è chi si abbraccia per farsi forza, chi si asciuga le lacrime; qualcuno scrive per terra il nome «Sara» con un dito. La sua amica Francesca le rivolge un ultimo saluto: «Non hai potuto vivere la tua vita per colpa di gente che non ha ormai più rispetto di nessuno»; «ti hanno tolto la speranza di avere l’amore e forse anche una famiglia», dice un’altra compagna di classe, Maria. Il sindaco di Avetrana, Mario De Marco, prende la parola e spiega che «Sara era ed è diventata la figlia di tutti noi»; poi si rivolge alla madre, seduta su una sedia blu dinanzi alla bara della figlia coperta dai fiori: «Signora Concetta, sei una madre eccezionale», dice mentre la voce viene coperta dagli applausi.

Lei, Concetta Serrano Spagnolo, testimone di Geova, è giunta poco prima della fine della cerimonia: per un po’ è rimasta accanto al figlio Claudio e al marito Giacomo, poi ha lasciato lo stadio scortata dalle forze dell’ordine. Alle cinque e mezzo del pomeriggio la bara bianca è stata portata via, accompagnata da lacrime, applausi e fiori.

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