Adesso Brignano «esilia» la politica fuori dalla scena

Adesso Brignano «esilia» la politica fuori dalla scena

«La vita è un mozzico e bisogna mozzicà». La battuta romanesca è sintomatica di un certo modo d’essere attore: metà guascone, metà showman. Enrico Brignano la usa per annunciare la ripresa del suo spettacolo, Le parole che non vi ho detto. Una sorta di baule pieno di voglie inespresse e abiti mai indossati che l’attore condividerà col pubblico. «Ho 42 anni e tante cose da dire, mi limito a raccontare cose mie mai dette, provando a far ridere con una storia che non esisterebbe senza la musica». Smalto integro per dare voce al «tu per tu» col pubblico, con cui ogni sera l’ex allievo di Proietti interagisce rigenerando il canovaccio, voce intonata per sussurrare le note scritte da Armando Trovajoli, Enrico Brignano con la bionda collega Simona Samarelli (che interpreta il ruolo della memoria), dal 3 febbraio torna al Sistina, per uno spettacolo multiforme che la scorsa stagione debuttò al posto di Johnny Dorelli: «mi chiamarono per tappare un buco, oggi è una falla. Sono felice perché stavolta torno “a grande richiesta”». Lo show è stato scritto da Brignano con Mario Scaletta, Augusto Fornari, Massimiliano Orfei, Manuela D’Angelo e Massimiliano Giovanetti. Applaudito anche al nord, è pieno di parole sgorgate dal cuore più che dalla mente. «Parla di memoria, orgoglio e sincerità. Ma soprattutto di affetti, che per me sono tutto. L’abbiamo scritto a casa mia, cellulari spenti sui tavoli e prosciutto a volontà. Ci siamo guardati dentro, ricordando le cose belle e quelle brutte, compresi i passaggi clou dell’esistenza. Non è Beckett però» avvisa Brignano, da sempre innamorato del teatro più che di se stesso. «Maestri straordinari hanno segnato la mia vita, da Gigi Proietti ad Aldo Fabrizi, passando per Alberto Sordi, il più imitato, fino a Walter Chiari, il mio mito» sospira l’attore che sogna di riunire in platea almeno tre generazioni di spettatori, usando l’arma della comicità garbata. «La gente ha bisogno di ridere senza parolacce, di riprendersi la spensieratezza fugata dalle angosce quotidiane. C’è bisogno di onestà». Così, un po’ per rivalsa artistica, un po’ per il bisogno di certezze latitanti in scena non si parlerà di politica. «I governanti non avranno il mio scalpo, non invaderanno anche questa scena» promette Brignano che dal proscenio spera di contagiare molti giovani col virus dell’arte. «Faccio l’attore perché i miei un giorno mi portarono a vedere Rugantino: rimasi folgorato. Abitavo a Dragona e sognavo di aprire una falegnameria». Il copione prevede ampie incursioni nella satira di costume e monologhi sui generi teatrali (dalla tragedia greca a quella shakespiriana), efficaci dal punto di vista della risata: «una ogni 40 secondi: lo dice il grafico» dice Brignano snocciolando dati da asse cartesiano.

Si parlerà anche d’amore, di lingua italiana, dell’invasione cinese e di matrimoni: industria che non conosce crisi. «Ci sono cascato anch’io - ride l’attore mostrando la fede al dito - rischi 30 anni di galera, non c’è l’ora d’aria e la messa è solo il preludio alla condanna».
Repliche fino all’8 marzo.

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