Afghanistan, diventa un giallo il sequestro del reporter italiano

Il comandante dei talebani smentisce: «Torsello aveva buoni rapporti con noi. Sono stati rapinatori»

Fausto Biloslavo

I talebani smentiscono di essere coinvolti nel rapimento del fotografo italiano Gabriele Torsello e incolpano bande di malviventi, che infestano diverse zone dell’Afghanistan. Spesso, però, gli stessi banditi vengono assoldati come mercenari dai fondamentalisti o dai signori dell’oppio per contrastare l’espansione della Nato in tutto il Paese. Però fonti locali di Peacereporter, un sito di giornalisti pacifisti che conoscono bene la zona, continuano a puntare il dito contro gli studenti guerrieri.
La buona notizia è che ieri mattina, verso le otto, c’è stato un nuovo contatto fra i rapitori del free lance italiano di 36 anni e il responsabile afghano della sicurezza dell’ospedale di Emergency a Laskhargha, capoluogo della turbolenta provincia di Helmand. Torsello era stato visto l’ultima volta, 24 ore prima di venir rapito, proprio all’ospedale del chirurgo Gino Strada. I sequestratori dell’italiano starebbero usando il telefonino di Gabriele e hanno dichiarato che «l’ostaggio sta bene. Forse in giornata dirameremo un comunicato con le nostre richieste».
Maulawi Yousef Ahmadi, il comandante dei talebani per le province di Helmand e Kandahar, fra le più a rischio del Paese, ha negato qualsiasi coinvolgimento degli studenti guerrieri. «Credo sia stato sequestrato da rapinatori», ha dichiarato a varie agenzie di stampa locali e internazionali. Inoltre il comandante talebano ha sottolineato che Torsello «ha buoni rapporti con i talebani», a tal punto che lo avevano portato a fotografare Musa Qala, un’area teatro di aspri scontri con i soldati della Nato. In maggio centinaia di talebani avevano attaccato la cittadina di Musa Qala occupandola per un giorno. La reazione delle forze armate afghane, appoggiate dagli americani, ha provocato duri combattimenti e una cinquantina di morti. Nonostante la liberazione di Musa Qala i talebani hanno continuato a compiere attacchi mordi e fuggi, oltre a bombardare con razzi, mortai e colpire con i cecchini. Le truppe inglesi, che avevano il compito di presidiare la cittadina, hanno perso otto uomini a Musa Qala, da quando sono arrivati all’inizio dell’estate.
Secondo il settimanale britannico Sunday Times, agli inizi di ottobre le autorità locali hanno garantito una tregua che prevede il ritiro sia dei soldati inglesi sia dei talebani. Torsello vestiva all’afghana e a causa del lungo barbone nero era stato addirittura scambiato dalla polizia afghana per un talebano e fermato, prima di venire rilasciato dopo che gli agenti si erano resi conto di aver di fronte un fotografo italiano, che sembra si sia convertito all’Islam. Giovedì pomeriggio il free lance stava rientrando lungo la pericolosa strada che porta da Laskargha a Kandahar, l’ex capitale spirituale dei talebani nel sud. Sul telefonino del responsabile dell’ospedale di Emergency è arrivato un sms, senza testo, dal cellulare di Torsello. Forse un disperato tentativo di lanciare un sos. Cinque uomini armati piazzati in mezzo alla strada lo hanno tirato giù da un minibus portandoselo via.
Ieri anche un anonimo funzionario della provincia di Helmand ha confermato il sequestro, anche se, a suo parere, sarebbe avvenuto sabato e non giovedì. L’ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Sequi, ha dichiarato di non avere ancora ricevuto «alcuna rivendicazione» dai rapitori di Gabriele. «Al momento è prematuro accreditare l’una o l’altra pista, ma garantisco ai familiari che tutto il sistema Italia è mobilitato per rintracciarlo» ha spiegato l’ambasciatore.
L’intelligence che fa da ombrello al nostro contingente si sta muovendo, ma non sarà un’impresa facile.

Nella provincia di Helmand, dove è stato rapito, si susseguono imboscate e attentati. I rapporti sulla sicurezza avvertono che «gli insorti si muovono abbastanza liberamente e sono in grado di ingaggiare qualsiasi attività terroristica».

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