Agnelli: «Se siamo innocenti rivogliamo i nostri scudetti»

TorinoInizia con il botto, Andrea Agnelli. Per la prima volta a capo dell'assemblea degli azionisti della Juventus, scalda animi e cuori dei presenti: «Una volta accertata la correttezza della società negli anni che hanno portato al processo di calciopoli (il cui procedimento è in corso a Napoli, ndr), potremmo avanzare la richiesta di riassegnazione degli scudetti». Detto così, ribadendo a chiare lettere quanto dichiarato a Sky un paio di mesi fa, ma passato quasi sotto silenzio. «Il procedimento di Napoli è uno dei due aperti - ha proseguito il numero uno della società -. L'altro riguarda l'esposto che abbiamo presentato per la revoca dello scudetto 2006 (assegnato all'Inter, ndr). Abbiamo avuto dalla federcalcio sufficienti garanzie che a breve riceveremo una risposta: attendiamo con fiducia. Quello che potremo fare, lo faremo fino in fondo. Ogni tanto però i tempi e i modi non coincidono con i desideri di noi tifosi juventini».
Musica per le orecchie di chi ha sempre rimproverato a Blanc e al vecchio presidente Cobolli Gigli di essere troppo teneri nei confronti della Federazione e della giustizia sportiva. Adesso, con Agnelli, i malumori nei confronti delle precedente gestione restano ma l'apertura di credito nei confronti del figlio di Umberto è totale. Lui non ne approfitta, ma certo non se ne dispiace e comunque vuole e deve guardare avanti: «Apprezzo Luciano Moggi per il lavoro che ha svolto non solo da noi. L'ho già ribadito anche in pubblico più volte e questa stima non verrà mai meno. Oggi, però, il nostro punto di riferimento per l'area tecnica è Giuseppe Marotta, che ha tutta la mia stima e che vorrei avesse anche quella di tutti i sostenitori della Juventus». Porta chiusa a un eventuale ritorno, insomma. Per Big Luciano e anche per Bettega, comunque presente (e applauditissimo) in sala: «Roberto è stato, è e sarà per sempre una bandiera juventina, ma l'anno scorso aveva assunto un ruolo che era in conflitto con altre nostre scelte».
Si torna insomma a Marotta, più che mai l'uomo che adesso ha in mano gran parte del destino della Juve e che ieri - al pari di Pavel Nedved, Michele Briamonte e Aldo Mazzia - è entrato nel consiglio di amministrazione della società. «La squadra che dovrà gestire la nostra struttura adesso è a posto - ha proseguito Agnelli . Ci sono responsabilità chiare e obiettivi altrettanto chiari. Chiamandoci Juventus, sappiamo perfettamente dove vogliamo arrivare». Su quale sia comunque la strada per tornare a riprendersi i due scudetti tolti, nessun altro indizio: prima dovrà concludersi il processo di Napoli con l'assoluzione di Moggi «e poi valuteremo». Non resta che attendere, insomma. Mentre Blanc resta al suo posto - e farà parte del Comitato Esecutivo con lo stesso Agnelli, Marotta, Carlo Barel di Sant'Albano, Aldo Mazzia e Michele Briamonte - e rilancia: «Non ho mai pensato a dimettermi e non lo farò, la gestione di questa società non può essere criticata solo per quanto avvenuto nell'ultima stagione sportiva: mi assumo le mie colpe, ma tante altre cose positive sono state fatte». A cominciare dal nuovo stadio, ritornello che va sempre di moda e al quale la Juve tiene giustamente in modo particolare.
Quanto a Milan-Juve di sabato sera, oggi o più probabilmente domani si saprà se sarà accolto il ricorso contro la squalifica di Krasic: «L'articolo 35 (quello che riguarda appunto la simulazione, ndr) è iniquo - ha affermato Marotta -. Come ha detto il presidente dell'Uefa Platini, o ci si affida all'uomo e all'errore sempre possibile o ci si affida alla tecnologia in tutto e per tutto grazie alle ventiquattro telecamere che vigilano sui campi». In attesa che ai piani alti decidano cosa fare, viene comunque difficile pensare che il serbo possa essere graziato: ieri intanto ha ricevuto il Tapiro d'Oro da parte di Striscia la Notizia ed è riuscito anche a sorriderne.

«Siamo un gruppo vero - ha concluso Agnelli -. E finalmente dentro lo spogliatoio si respira una bella aria, tutt'altra rispetto a quella di inizio luglio». Quando, evidentemente, alcuni vecchi contrasti non erano ancora stati sanati.

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