Marco Ferri
da Portovenere (La Spezia)
Un salvataggio degno del miglior film di azione. Dove le pale dellelicottero del soccorso alpino sfiorano la roccia. Una manovra di salvataggio sul filo dei centimetri. Impossibile se il pilota non avesse nervi dacciaio. Ma tutto è andato bene: un giovane escursionista bergamasco rimasto bloccato lungo la Falesia del Muzzerone. No, non siamo sulle alpi o tra le montagne dell'Appennino, siamo nel parco tra Porto Venere e le Cinque Terre.
Ma qui si trova una delle palestre di roccia tra le più difficili e frequentate, pareti irte a picco sul mare che non hanno nulla da invidiare, anche per il rischio, con le montagne più ardite.
Qui ieri mattina, poco prima delle undici, tre ragazzi trentenni di Bergamo stavano risalendo uno dei tratti più suggestivi: la «parete striata», più precisamente sulla via «Chi vuol esser lieto, lieto sia» a cento metri a picco sul mare e a duecento dalla sommità della stessa parete. Matteo Bertolotti, 28 anni di Osio di Sotto, era il primo dei tre, il capocordata, quello con il ruolo più impegnativo.
Improvvisamente è scivolato, un malore lo ha bloccato durante la salita, ha perso i sensi ed è rimasto appeso nel vuoto, assicurato alla corda e ai chiodi. Gli altri due, un ragazzo e una ragazza, non si sono fatti prendere dal panico. Hanno cercato di assicurare l'amico inerme, poi uno è sceso sino agli zaini per chiedere aiuto, ma in quel punto il cellulare non prende. Ha dovuto rapidamente risalire lungo una via ferrata, da solo, raggiungendo la sommità del Muzzerone da dove ha chiamato. Immediato l'intervento del Soccorso Alpino di La Spezia, una squadra era presente presso un vicino rifugio, sopra Porto Venere, mentre veniva fatto alzare a tempo di record dall'aeroporto di Massa Cinquale l'elicottero Pegaso3. Si temeva di essere sopraffatti dal vento che avrebbe reso impossibile il soccorso. In 5 minuti il velivolo era però già sul posto, a pochi centimetri dalla rocce, per calare un medico, un infermiere e una guida del Soccorso Alpino. Il ferito è stato stabilizzato direttamente in parete, appesi nel vuoto, e poi recuperato sempre con il verricello a bordo dell'elicottero. L'alpinista è ricoverato a La Spezia in prognosi riservata.
Tra i primi ad andarlo a trovare in ospedale sarà proprio uno dei suoi salvatori il cui nome è tutto un programma: Buono. Si chiama infatti Luca Buono il 45enne pilota livornese che ieri mattina ha operato il recupero di un alpinista ai limiti dell'impossibile. Solo un pilota estremamente esperto può riuscire a portare a termine missioni che presuppongono manovre di grandissima pericolosità, come quella di rimanere per alcuni minuti sospesi in aria, a meno di due metri da una parete rocciosa verticale. È lo stesso Buono a ricordare i momenti concitati del salvataggio: «Uno dei due scalatori era vittima di un attacco della cosiddetta sindrome vertiginosa che, di fatto, non gli permetteva di riprendere il sentiero di ritorno con le proprie forze. Una volta che ci siamo recati sul posto è iniziata la fase più delicata dell'operazione».
Il momento tecnicamente più difficile? «Stazionare con lelicottero a decine di metri d'altezza, sulla perpendicolare di una persona da recuperare, non è mai facilissimo. In questo caso, con le pale dell'elicottero che sporgono dal centro del velivolo per sei metri, mi sono dovuto avvicinare alla parete a poco meno di otto metri e operare il recupero».
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