Alt dei vigili, niente slot in Buenos Aires

Per una volta il banco non vince. E così le slot machine non entreranno nella galleria di corso Buenos Aires 36. Tutto merito di un cavillo tecnico e della tenacia del vicesindaco Riccardo De Corato.
I vigili, infatti, hanno dato parere negativo all’apertura della sala giochi, tanto contestata dai residenti, per «mancanza di parcheggi». La dotazione di posteggi è infatti una prerogativa disposta dalle normative vigenti per l’avvio dell’attività. Le stesse normative che il vicesindaco, con una lettera a tutti i comandi della città, ha invitato a far rispettare scrupolosamente. Detto, fatto. E così il fronte del no all’invasione dei videopoker ottiene un piccolo ma significativo successo.
Intanto prosegue il dibattito sulle contromosse per bloccare l’avanzata delle «macchinette». Il presidente di zona 6, Massimo Girtanner, sfodera l'idea: imporre il numero chiuso alle sale giochi, non più di un tot in ogni città. Punto e basta. Altro che 60 richieste in pochi mesi, altro che cinque domande di apertura in una zona, 16 in un’altra e via dicendo. Una cifra chiara, non una sala giochi di più, contro il proliferare incontrollato. «Mi sembra più onesto fissare un numero limite - spiega Girtanner - anziché dare la responsabilità del parere ai Consigli di zona. Si può fare, insomma, come accaduto a suo tempo per le sale Bingo, con una programmazione a priori che permetta di pianificare il tutto».
«L'idea del numero chiuso può andare bene» commenta l’assessore alle Attività produttive Tiziana Maiolo. Sì, ma per tradurre la proposta in una vera legge ci vorrebbe un «miracolo».
«La lobby delle slot - è duro De Corato - è molto forte in Parlamento. Non è semplice far passare una proposta del genere, anche se decisamente buona. C'è una rete molto forte dei proprietari delle sale giochi che ha grosse influenze sui parlamentari».
Per il momento, c’è una sola strada percorribile per non trasformare Milano in una nuova Las Vegas: «Temporeggiare». Tanti Consigli di zona, chiamati a pronunciarsi sull'apertura delle sale giochi, non danno il loro parere, rimandano l'ordine del giorno alle riunioni successive. E poi a quelle ancora successive. Se il problema non si riesce a risolvere, per ora almeno lo si rimanda. «Cerchiamo così di rendere difficoltoso l’iter per l’apertura - ammette Giovanni Ferrari, presidente di zona 5 - Mi rendo conto che è un’omissione, ma almeno proviamo a rallentare le procedure, in attesa di capire che cosa succederà».
D’accordo la Maiolo.

«Le sale giochi - denuncia - sono un problema simile alla prostituzione. Non possiamo impedire che una persona si prostituisca, ma dobbiamo fare i conti con tutto il giro che sta intorno a questo fenomeno. Idem per il gioco».

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