Ambrosoli, storia di un eroe borghese

Nel 1995 Un eroe borghese, il film di Michele Placido tratto dal libro di Corrado Stajano e ispirato al delitto di Giorgio Ambrosoli, suscitò grande clamore. Rivivere per immagini la storia del commissario liquidatore della Banca Privata Italiana (interpretato da uno straordinario Fabrizio Bentivoglio), assassinato una notte di luglio del 1979 a Milano, sotto casa, per ordine del potente banchiere Michele Sindona (Omero Antonutti), risuonò come un grido d’allarme che fino ad allora in pochi avevano voluto ascoltare. Un allarme sul degrado morale di quegli anni - gli anni di piombo -, sulle connessioni tra mafia e politica, sull’indifferenza e la solitudine istituzionale nei confronti di Ambrosoli e del suo lavoro. Quando lo uccisero, con tre colpi di 357 magnum, l’«eroe borghese» aveva 46 anni. Il giorno dopo avrebbe depositato le sue conclusioni sul dissesto della Banca Privata Italiana, l’istituto che Sindona aveva portato al crac con manovre fuorilegge e giri di denaro sporchi. Il film, uno dei più intensi diretti e interpretati da Placido, fu trasmesso nelle scuole, nelle parrocchie, nelle associazioni: lo stesso ministro della Pubblica istruzione di allora, Giancarlo Lombardi, invitò i docenti a utilizzarlo come strumento didattico nelle aule. Stasera sarà riproposto dalla Fondazione Cineteca Italiana all’Area Metropolis di Paderno Dugnano, nell’incontro «Giorgio Ambrosoli, un eroe che ci manca da trent’anni» (via Oslavia 8, ore 21, per prenotazioni: 346-9582555). Alla serata interverrà il terzogenito Umberto, che il giorno del delitto aveva appena otto anni: «Il libro di Stajano e la sua trasposizione cinematografica sono stati il vero funerale di papà, che ha superato qualsivoglia precedente assenza. E lo hanno fatto negli ambiti pubblici, istituzionali, così come nel cuore e nella mente della gente». Umberto, 38enne, avvocato anche lui, alla storia del padre ha dedicato un libro, Qualunque cosa succeda (Sironi), che sarà presentato stasera prima della proiezione del film. Non un libro-inchiesta, né un atto d’accusa, ma una storia ricostruita attraverso i ricordi d’infanzia, le agende del padre e una fitta mole di atti processuali e parlamentari. Il caso Ambrosoli, infatti, non fu che l’ultimo anello di una catena di crimini finanziari e politici che insanguinarono l’Italia negli anni Settanta: gli anni del terrorismo, della P2, di Licio Gelli, di Paul Marcinkus, di Enrico Cuccia, in cui pochi, isolati «eroi» combattevano un sistema corrotto, generato nella complice indifferenza dello Stato o, ancora peggio, con il concorso di chi lo governava. Ambrosoli, racconta il figlio, non si è mai sentito un eroe. Ha solo scelto, liberamente, di fare ciò che riteneva giusto: «evitare che lo Stato con i soldi dei cittadini pagasse per gli errori di uno solo».

Esiste un calendario che onora, ogni giorno, la memoria di un italiano che ha sacrificato la vita per il bene del Paese. Si chiama «Calendario dei santi laici», dedicato alle persone che ricordano che «l’uomo nasce libero e non servo. Coraggioso e non vigliacco». Il 12 luglio è il giorno di Giorgio Ambrosoli.

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