Anche Fini si pente. Della «bomba atomica»

RomaSceglie con cura ogni termine. Uno ad uno. E aspetta le sei e mezzo del pomeriggio, prima di esprimersi sulle presunte e tanto attese rivelazioni di Gaspare Spatuzza. Ovvero su quella «bomba atomica» che rischiava di esplodere, di cui parlava proprio lui un mese fa nel fuori onda galeotto di Pescara, che è costretto ora a ridimensionare. Quantomeno a definire meglio, accostandola alla sfera mediatica. Poi, però, Gianfranco Fini esce allo scoperto e mette tutto nero su bianco. Con una nota di quattro righe che riprende, non a caso, gli elementi chiave della «chiacchierata» con il procuratore Nicola Trifuoggi: bomba atomica (anche se rivista), riscontri rigorosi, indipendenza della magistratura. «L’atomica amplificazione mediatica delle dichiarazioni di Spatuzza - commenta - non deve far passare in secondo piano un elementare principio di civiltà giuridica: senza riscontri puntuali e rigorosi, che è dovere dei magistrati individuare, le accuse restano soltanto parole». Striminzito ma ufficiale, il comunicato che finisce in rete. Una scelta ponderata, forse anticipata agli emissari del Cavaliere, per evitare la solita corsa al pensiero retroscenato, alla linea confidata ai suoi.
Nessuna dichiarazione d’amore, ci mancherebbe, nei confronti di Silvio Berlusconi, ma neppure astio evidente. Il solito punto di vista. Un timido passetto in avanti verso una lenta e difficile ricomposizione dei rapporti? È presto per dirlo. D’altronde, rintuzzano i suoi fedelissimi, «non poteva certo sbrodolare, è pur sempre il presidente della Camera». Ma allo stesso tempo «non va dimenticato quanto disse a Ballarò: sono convintissimo che Berlusconi non c’entri nulla con la mafia».
Un colpo al cerchio, uno alla botte. Di contro, senza appello l’affondo di Maurizio Gasparri, tanto per cominciare, uno dei primi a dire la sua e a far quadrato: «Spatuzza? È solo un refuso della parola spazzatura». Parla invece di «dichiarazioni» di «totale ed assoluta inconsistenza» Niccolò Ghedini, legale del premier, convinto della «inattendibilità» dei riscontri. Ma non solo: «È ovvio che dovranno essere esperite tutte le opportune azioni giudiziarie che il caso impone». La mette giù in maniera ironica Roberto Calderoli. «Si dice che la montagna ha partorito il topolino - afferma il leghista - ma in questo caso è più opportuno dire che la montagna ha partorito un... peto».
Dal canto suo, Gianfranco Rotondi assicura che «faremo muro di popolo intorno al nostro presidente». E se Daniele Capezzone fa registrare che «sale l’indignazione nel Paese per l’indecente attacco contro il governo», Fabrizio Cicchitto considera «evidente» che «la mafia in prima persona sta rivolgendo un durissimo attacco a Berlusconi per l’intransigente linea che il governo sta portando avanti contro di essa». S’interroga invece sulle sue «doti divinatorie» Gaetano Quagliarello, mentre Franco Frattini giudica l’intera vicenda «indegna per uno stato di diritto» e Sandro Bondi avverte sul «danno enorme» inferto «all’immagine e agli interessi generali del nostro Paese». Reazioni a catena, dunque, nei confronti di un’accusa che, secondo Ignazio La Russa, «può essere valutata come un modo per infangare la politica che combatte la mafia». Così, parla di «show mediatico» anche Italo Bocchino. Si pronuncia pure Osvaldo Napoli (punzecchiando Fini): «Bomba atomica? Evidentemente siamo di fronte al primo pentito denuclearizzato».
Discorso a parte meritano i finiani.

E se Amedeo Laboccetta ci ironizza («sembrava quasi di essere su Scherzi a parte»), un po’ più scivoloso il ragionamento di Fabio Granata: «Le cose che ha detto sono gravissime, ma non ha fornito un solo elemento di riscontro rispetto a quello che già conoscevamo. Toccherà ora ai magistrati verificare». Infine, per Carmelo Briguglio, «le sue dichiarazioni non sono un evento politico e non sono in grado di determinare una crisi».

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