Aria di Buenos Aires con Roberto Herrera

Notti calde e umide scandite dalle luci dell'Avenida Corrientes; locali fumosi, fiocamente illuminati dalle abat-jour, e quell’odore di salsedine che da Puerto Madero risale il fiume verso l’interno, dove la gente del porto si mischia a quella delle pampas. In una parola: Buenos Aires. A legare insieme la fitta trama di una metropoli multietnica, crogiuolo di popoli e di culture (spagnoli, portoghesi, cubani, africani; e poi italiani, russi, tedeschi che ancora oggi abitano fianco a fianco nei grandi conventillos) è una musica. O, meglio, un linguaggio comune, le cui note, i passi serrati, le canzoni che parlano d’amore e di coltello, uniscono le persone più di quel «castigliano» che, negli anni, folle di immigrati a stento sono riusciti a imparare. Quel filo ideale che unisce l’Italia all’Argentina, la canzone napoletana ai suoni struggenti del bandoneon, si chiama tango, e a proporlo a Milano (da stasera all’1° marzo al Teatro Ciak, www.teatrociak.it, tel. 02-76110093) è uno dei suoi massimi rappresentanti: Roberto Herrera. Protagonista dello spettacolo «Tango» (di cui firma anche le coreografie), il ballerino prediletto da Osvaldo Pugliese - ma anche l’impavido avventuriero del film Tango Bar o l’appassionato seduttore di Tango Argentino - danzerà sul palco con Silvana Capra circondato da sei coppie di tangueros argentini, in un gioco di coreografie ora passionali, ora tormentate, ora leggere e sbarazzine. Ad arricchire le performance, le composizioni inedite dell’orchestra Decarisìmo Quinteto (Lluvia de estrellas, Permanece) e brani di autori celebri: da Astor Piazzolla a Osvaldo Pugliese, a Julio De Caro. «Ricostruiremo la storia del tango a Buenos Aires - spiega Herrera - a partire da quello più tradizionale degli anni d’oro, dai ’30 ai ’50, quando il tango si respirava nella vita quotidiana, nei teatri, nelle sale da ballo, fino al Tango Nuevo e all’elettronico». Poi, spazio al folklore: quello ballato all’interno, dalla gente della pampa, che ha assorbito la passione del flamenco, la poesia della payada, l’energia del candombe africano. In primo piano, loro: Herrera e Silvana Capra. Abbraccio avvolgente e sguardo intrigante lui, passo suadente e portamento altero lei. Insieme, alchimia perfetta: un unico corpo che si muove all’unisono. «Tanti credono che il movimento nasca dai piedi – sottolinea il coreografo -.

Che passi attraverso la tecnica, la pulizia di un passo o l’eleganza della scarpetta. Il tango è altro: è un gioco di seduzione, di sguardi, di ascolto reciproco, che parte dalla testa, tocca il cuore, e solo in ultimo arriva ai piedi».

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