Baby sitter e caffè letterari in otto musei

Tra le priorità, allungare l’orario di apertura

Marta Bravi

«Caffè Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi ripete l’ubbriaco il suo delirio; ed io scrivo i miei più allegri canti». Con questi versi Umberto Saba immortalava uno dei più famosi caffè di Trieste, così come Boccioni fece con il «Camparino», altro celebre ritrovo di artisti, immortalando sulla tela la «rissa in galleria». Un secolo dopo, circa, Milano fa rivivere lo spirito e l’atmosfera dei caffè letterari, collocandoli tra le mura dei musei meneghini.
Questa l’idea della nuova amministrazione comunale: dotare palazzo Reale, l’Arengario, Villa Belgioso, il Pac, il museo archeologico, il museo di Milano, tutti i musei di proprietà comunale insomma, di bar o ristoranti dal doppio volto. Luoghi di piacere, per il palato e per la mente. L’idea nacque dall’allora assessore comunale alla cultura Salvatore Carrubba che fece costruire nel museo di Storia naturale il bar con cascata all’ultimo piano e che inserì nei progetti di restauro del Castello sforzesco, di palazzo Reale e dell’Arengario, bar e ristoranti. L’idea, ripresa in grande, dall’assessore alla cultura Sgarbi e dalla collega alle Attività produttive Tiziana Maiolo coglie appieno lo spirito di questi caffè: ecco allora che il giorno dell’inaugurazione della mostre si potrebbero invitare esperti e critici per una presentazione, organizzare serate a tema con reading di poesie, di testi critici, fare incontri di approfondimento.
Bar e ristoranti, infatti, sarebbero corredati da bookshop o sale lettura «sul modello de La Sangiovese, la trattoria letteraria di Tonino Guerra e dell’editore Maggioli - incalza Vittorio Sgarbi - dove i commensali trascorrono una serata a tavola con gli scrittori. E non dimentichiamo la dépendance dell’Harry’s bar di palazzo Grassi...». L’idea poi di avere ristoranti nei musei ben si concilia con la proposta del nottambolo assessore Sgarbi di tenere aperti i musei anche di notte, «che andrebbe a vantaggio non solo dei turisti ma anche dei milanesi - sottolinea l’assessore all’attività produttive - dando così l’occasione di trascorrere una piacevole giornata, tra un quadro e un boccone goloso, anche a chi è solo. A Milano c’è fame di cultura e lo hanno dimostrato le code davanti al Toti o al Cenacolo di Ferragosto o alla Notte Bianca: potremmo così soddisfare la «doppia fame», rendendo molto più competitivi i nostri musei».
All’Archeologico, frequentato soprattutto dalle scolaresche, invece, si potrebbero pensare menù per bambini, uno spazio con libri illustrati sull’archeologia, attività didattiche come già avviene nei musei inglesi, molto attenti al loro «piccolo» pubblico. Insomma ristoranti e caffè letterari studiati ad hoc sul tipo di collezione e di pubblico.
«A proposito di bambini - propone la Maiolo - si potrebbe pensare a un servizio di baby sitting per turisti con visite guidate e merende mentre i genitori visitano la città».


«Certo bisogna fare due conti, per esempio valutare il portato di pubblico di ogni museo, prima di aprire un ristorante» sottolinea Sgarbi.
«Incentivi per i ristoratori - risponde la Maiolo - a partire dalle cooperative di giovani o dalle scuole alberghiere».

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