da Berlino
Quanto durerà la grande coalizione di Angela Merkel? Riuscirà ad arrivare alla fine della legislatura oppure è imminente una rottura che renderebbe inevitabili le elezioni anticipate? Sono le domande che si pongono tutti i commentatori tedeschi dopo le clamorose dimissioni di Franz Müntefering, vicecancelliere e ministro del Lavoro ma soprattutto personaggio di spicco dell'ala riformista del partito socialdemocratico e, fino a ieri, uno dei garanti della collaborazione con i cristianodemocratici, il partito della Cancelliera.
Müntefering ha motivato le dimissioni con ragioni private: la moglie è affetta da un male incurabile e ultimamente le sue condizioni sono peggiorate. Ma sul carattere politico delle dimissioni non ci sono dubbi. Da tempo era in aperta polemica con l'ala massimalista del suo partito decisa a superare la grave crisi di consensi che attraversa la socialdemocrazia tedesca imponendo una brusca frenata all'attuazione della famosa Agenda 2010, il pacchetto di riforme avviate dagli stessi socialdemocratici sotto la guida di Schröder e poi portate avanti dalla Merkel: tagli ai sussidi di disoccupazione per incoraggiare il rientro nel mercato del lavoro, riduzione di alcuni benefici sociali, innalzamento a 67 anni dell'età pensionabile per rendere il sistema finanziabile.
Riforme che hanno permesso alcuni indiscutibili successi. Considerata fino a pochi anni fa il malato d'Europa, la Germania è di nuovo la locomotiva del continente, il bilancio pubblico si avvicina al pareggio e la disoccupazione è in forte calo. Ma le riforme, quando comportano sacrifici, sono impopolari e a pagare il prezzo è stato soprattutto il partito socialdemocratico che ha registrato unallarmante fuga di elettori attratti dal nuovo partito di estrema sinistra, Die Linke, fondato da Oskar Lafontaine, che promette il ripristino dei benefici soppressi senza però spiegare come intende finanziarli.
Su questo sfondo la sinistra socialdemocratica ha avuto gioco facile all'ultimo congresso dove, sotto la guida del nuovo leader del partito Kurt Beck, è riuscita a imporre la sua linea per uscire dalla crisi. In pratica una retromarcia sulle riforme che Müntefering, uno dei padri dell'Agenda 2010, non poteva accettare. Non a caso le sue dimissioni sono state annunciate dopo una burrascosa riunione tra i due partiti della coalizione durante la quale il vicecancelliere si è trovato ancora una volta in disaccordo con il suo stesso partito.
E ora? Sul piano formale la crisi è stata rapidamente ricucita. C'è un nuovo ministro del Lavoro, Olaf Scholz, e un nuovo vicecancelliere, il ministro degli Esteri Steinmeier, entrambi socialdemocratici. Ma il clima rimane teso.
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