In Borsa la grande paura delle banche italiane. Profumo: non mi dimetto

Unicredit va sotto dell’8% poi chiude in rialzo dell’11%. L' ad va al Tg1 per tranquillizzare i clienti. Tremano anche Intesa e Banco Popolare. Ispezioni a tappeto di Consob e Guardia di Finanza

Il pronostico del Giornale di ieri è stato azzeccato: il titolo Unicredit ha chiuso la giornata in rialzo dell’11%. Ma che fatica: a un certo punto, tra le 11 e le 13.30, la banca milanese era stata sospesa per eccesso di ribasso, cedendo l’8%. Sospese anche Intesa e Banco Popolare. Per alcune ore il sistema bancario italiano sembrava ostaggio di un mercato scatenato, tra mille interrogativi. Speculazione al ribasso o orlo del baratro? È dovuto intervenire Berlusconi, e poi la Consob, per riportare un po’ di normalità, tra sbalzi dei prezzi anche superiori al 20%, in pochi minuti, mai visti prima.

Ma per dare un senso alla convulsa giornata di ieri bisogna partire dalla fine: dall’ingresso di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, nelle case di 7-8 milioni di famiglie italiane verso le 20.05 di ieri sera, ospite del Tg1. Una scelta per certi versi obbligata, per fugare le voci catastrofiste sulla banca dove tiene i propri risparmi più di un italiano su 3. Che nelle ultime due sedute di Borsa aveva ceduto il 25% del suo valore. Ma anche pericolosa, per il rischio di dare un volto alla crisi finanziaria: il volto di Profumo, appunto, che decide di parlare agli italiani di ogni censo dal Tg nazionale nel momento in cui la crisi è il fatto del giorno. Ma questo si vedrà nelle prossime ore, e giorni. «Io sono qua e assolutamente non mi dimetto», ha risposto Profumo agli intervistatori che gli riportavano le voci della giornata. Aggiungendo: «Siamo una banca estremamente solida e sana, molto diversificata, presente come banca leader in molti Paesi europei e credo questo sia una rassicurazione per i nostri clienti».

Poche ore prima dal gruppo erano arrivate altre smentite: dalla riunione di un consiglio d’amministrazione straordinario, alle avance del Banco di Santander, interessato a un clamoroso take over. Tutto smentito al punto che in serata il gruppo ha addirittura provato a rilanciare, annunciando per oggi l’emissione di un’obbligazione da 2,3 miliardi da collocare sulla rete degli sportelli. In pratica la banca si finanzia vendendo bond garantiti da se stessa, lanciando un messaggio di estrema fiducia nella reazione positiva del mercato che, se compra il bond, significa che non crede a nessun tipo di crac. Si vedrà anche su questo, a partire da stamattina. Ieri invece, prima che parlasse Berlusconi, anche Intesa Sanpaolo (altro colosso bancario nazionale) e il Banco Popolare avevano subito la violenza delle vendite così come aveva sbandato Fiat (meno 4% in chiusura). «Non mi preoccupa la sospensione al ribasso», aveva annunciato il presidente del consiglio di gestione di Intesa, Enrico Salza, costretto anch’egli a prendere la parola.

La svolta è arrivata durante la seduta, quando la Consob è intervenuta per vietare ogni tipo di vendita allo scoperto, anche quelle legate al prestito titoli. In pratica, chi non ha un titolo non può venderlo. E questo provvedimento, a detta di molti operatori, avrebbe fermato la speculazione che fino a quel momento si era accanita. Ma non è tutto: secondo fonti finanziarie la Consob, che ha inviato vari ispettori per controllare la regolarità degli scambi in queste ultime sedute, avrebbe alzato il livello dell’intervento e, con l’ausilio della Guardia di Finanza, sarebbe vicina a contestare reati nell’ambito del «market abuse» ad alcuni operatori rilevanti, a Milano e a Londra.

Per il resto la giornata ha confermato l’attesa di Wall Street (meno 0,18% a fine seduta) per l’approvazione del piano Usa. Mentre Milano, dopo aver sfiorato il dramma, ha chiuso positiva di un’incollatura: +0,05 per cento.

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