(...) va per il verso giusto. Almeno una cosa va detta, rispetto al Premio Andersen: è alquanto politicizzato, cosa alquanto grave, se ci si rivolge a un pubblico giovane. Nel foglio dei programmi la politica appare nell'editoriale di apertura, nel quale si sottolinea che questo è l'anno del bicentenario della nascita di Hans Christian Andersen. Bene!, dirà qualcuno. Solo che non è esattamente così: si parla di anniversari, al plurale, e nella fattispecie si citano le «ricorrenze che, più o meno casualmente, saranno sfiorate dal nostro programma».
Quali sono le ricorrenze? Eccole nell'ordine di comparizione: Il 60° dalla fondazione di Coop Liguria; il 60° dalla Liberazione dal nazifascismo; il 30° dalla fine della guerra in Vietnam; il 30° dalla morte di Pasolini. Qualcosa viene da dire: dov'è il pluralismo, dov'è la libertà di espressione, se si fanno sfilare i bambini con magliette colorate, a differenza di quando i bambini si chiamavano Balilla e sfilavano con la maglietta nera? La propaganda deve restare fuori dagli spettacoli per bambini e ragazzi: sembra l'abc, eppure l'Andersen in tutti questi anni è stata l'Onu dei monopartizan: Paolo Rossi, Gino Strada etc etc. Una vera «mononucleosi».
Al di là dei grandi «nomi» tutelari della manifestazione, è storicamente da implumi ricordare la «liberazione del Vietnam» (chiamarla «fine della guerra» è solo ipocrisia politicamente corretta) allo stesso modo della «liberazione dell'Italia». In Vietnam vinceva una dittatura, in Italia le dittature venivano sconfitte. In Vietnam gli americani erano i «nemici», in Italia erano gli «alleati». Subito dopo la «fine della guerra» iniziarono altre «liberazioni», come quelle dalla vita per migliaia di cristiani, come la trasformazione della Cambogia in dittatura dei Khmer rossi, con lo sterminio di un cambogiano su dieci, da parte di Pol Pot... Quale guerra finiva in Vietnam, trent'anni fa? Quando mai è finita la guerra in Vietnam: chiedetelo ai Montagnard... Tornando dalle nostre parti: naturalmente l'organizzazione del festival è sempre saldamente in mano ai soliti amici. Il pluralismo è per le allodole, vero signori della sinistra?
A proposito di conflitto di interessi e interessi senza conflitto, ci piace ricordare che Coop Italia, sponsor del Festival per bambini Andersen, è un colosso economico «amico», che fattura più di 10 miliardi di euro, ed ha 47.000 dipendenti. Per non parlare della Lega delle Cooperative, che sta cementificando l'Italia nel silenzio dei così detti ambientalisti.
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