C’è o no un patto tra Nichi Vendola e i capi dei black bloc per ammansirli in cambio di un paio di seggi parlamentari? Dopo l’indiscrezione del Corriere della Sera di ieri, per tutta la giornata non si è parlato d’altro. La rivelazione del quotidiano, scovata nei siti internet dei cosiddetti antagonisti, è questa: nel movimento c’è una spaccatura tra duri e accomodanti. I mollaccioni si sarebbero accordati con Sinistra e Libertà, di cui Nichi è il cacicco, per ammorbidire i più invasati col premio di una candidatura nel 2013. Ma i duri, per mandare a monte il piano - che prevedeva di evitare casini davanti ai palazzi della politica nella sfilata di Roma -, hanno scatenato la guerriglia in piazza San Giovanni.
Ossia, la vandalica messa a ferro e fuoco del quartiere era nient’altro che una resa di conti tra correnti rivali della gang no-global. Vero o no, il Sel - acronimo del partituccolo vendoliano - ha smentito il patto elettorale. Ma lo ha fatto in modo tale da confermarlo. L’omonimo di Vendola,Nichi Fratoianni della segreteria nazionale, ha detto «lavoriamo per il cambiamento, ci interessa discutere con chi vuole costruire e questa semplice verità sembra una cosa da marziani ». In non politichese significa che Vendola e soci hanno incontrato black bloc per sondarne intenzioni e desiderata.
Dunque il dialogo, tra Sel e briganti, c’è. Sull’accordo elettorale, invece, Fratoianni sfuma e si atteggia a incompreso: «Chi non vuole il cambiamento cerca di colpire, chi discute, con la storiella delle poltrone». Come dire, maligno il Corsera e in malafede quelli che ci inzuppano il pane, se insinuano che nella prossima legislatura avremo picchiatori vendoliani in Parlamento. Caro Nichi, non so a quale gioco giochi e sarebbe bene chiarisse. Io capisco che per conquistare voti, anche tra la plebaglia che occupa case e mette a sacco le città, si liscino fior di mascalzoni.
Comprendopure l’astuzia di parlamentarizzare gli estremisti, come fece quel genio di D’Alema che, per imbrigliare una mina vagante come Di Pietro, lo fece senatore col risultato di trasformare un fuoco fatuo in un piromane permanente. Ma le sembra istituzionalmente seria questa miserevole trattativa con gente che dovrebbe stare in galera in cambio di un ravvedimento a ventimila euro il mese, voli gratis e uno stuolo di portaborse che saranno pescati negli antri dei Leoncavallo, Askatasuna e compagnia? Proprio lei, che pianse quandodivenne governatore perché temeva di sporcarsi esercitando il potere, vorrebbe ora affidarlo a gente già strasporca di suo e che ha sulla coscienza una sfilza di violenze da riempirci un quaderno.
Ci lamentiamo di continuo della qualità del Parlamento per qualche infrazione da colletti bianchi e lei vuole ora affiancargli dei gangsterche armeggiano con gli estintori come in fiera si gioca a tre palle un soldo. A sinistra vi riempite la bocca con l’indegnità, interna ed estera, del Cav per via dei dionisiaci bunga bunga e volete poi sostituirlo con canaglie che stuprano i beni e l’incolumità dei cittadini. Ma che le abbiamo fatto Vendola per volerci imporre dei fuorilegge come legislatori e degli impresentabili come rappresentanti? O Nichi, o Nichi caro, perché ci prospetti, ahimè, un futuro peggiore del passato? Riconosco di essermi fatto un po’ prendere la mano dalla rotondità della tesi. In realtà, Vendola e il suo partito non sono nuovi a queste ibridazioni tra Parlamento e teppismo.
E, onestamente, non successe nulla di grave, salvo mettere a carico del contribuente pregiudicati senz’arte né parte. Nella scorsa legislatura, l’allora partito di Nichi - Rifondazione comunista, di cui il Sel è oggi parziale erede- portò a Montecitorio due caporioni dei centri sociali, il milanese Daniele Farina e il campano Francesco Caruso. Farina che nei suoi 42 anni di vita ( allora) aveva violato più leggi di Barabba fu fatto, per competenza, vicepresidente della commissione Giustizia. Le sue credenziali erano una condanna a un anno e sei mesi per lancio di molotov contro uno sbirro, altri dieci mesi per lesioni personali, più quisquilie.
Sandro Bondi, che è poeta, quando seppe che era diventato vice alla Giustizia disse: «Incute paura, basta guardarlo in faccia. Io che vengo dal Pci posso garantire che è uno di quei tipi che il partito metteva al bando». Caruso non era da meno. Scontri a non finire con polizia per vandalismi e occupazioni, un po’ di carcere qua e là.
Una volta,stufo di stare in cella all’afa di Trani, brigò con Vendola che lo mandò a Viterbo, fresca e boscosa. In Parlamento un giorno portò delle bottiglie di vino dicendo spiritosamente che erano molotov. Poi rise da solo. Faccia il bravo Nichi, non ci rinnovi l’obbrobrio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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