Cavazza: «La ricerca farmaceutica è a rischio Nel mondo vi sono troppi farmaci contraffatti»

Farmaci contraffatti, magari del tutto identici nella confezione agli originali, ma con un diverso principio attivo e dunque inefficaci, se non addirittura pericolosi per la salute di chi li assume; brevetti che scadono troppo in fretta, controlli scarsi o pressoché assenti in alcuni mercati in rapida ascesa, senza dimenticare la concorrenza sempre più agguerrita da parte dei produttori di generici. Sono numerose le insidie che minacciano la salute dei conti dei colossi di Big Pharma, i quali oggi chiedono maggiori tutele e iniziative serie da parte delle autorità mondiali, per evitare che la situazione raggiunga un punto di non ritorno. Non a caso 300 esperti di proprietà intellettuale si sono dati appuntamento a Roma per un simposio che si chiude oggi e ha l'intento di accendere i riflettori sul fenomeno, trovando strategie condivise per arginarlo.
«L'impatto economico rischia di essere 10 volte superiore rispetto all'attuale crisi economica. Se si continua su questa strada la ricerca potrebbe fermarsi o concentrarsi altrove e non ci saranno nuovi farmaci per le grandi patologie», avverte Claudio Cavazza, presidente di Sigma-Tau e vicepresidente di Farmindustria. Sono i numeri a lasciarlo presagire: nel suo anno di scadenza ogni molecola causa di media una perdita di 200 milioni di euro all'azienda che la produce; già oggi in Germania e Inghilterra il 40 per cento del mercato offre alternative generiche ai blockbuster, ed entro il 2015 questa quota sarà predominante in tutto il Vecchio Continente. «Si finirà - preconizza Cavazza - per rivolgersi alle nicchie, sviluppando medicinali biotecnologici difficili da copiare. La maggior parte delle medie aziende sarà costretta a chiudere, mentre le grandi se la caveranno soltanto grazie alle fusioni, che implicano licenziamenti a catena. Nel 2009 finora sono stati 60mila i posti di lavoro tagliati».
Le argomentazioni delle case farmaceutiche sono chiare: è vero che un brevetto dura 20 anni, ma tra test clinici e burocrazia il suo ciclo di vita si riduce ad appena 6-7 anni.

Con il rischio che le aziende concorrenti possano, con una minima modifica d'uso, accedere allo sfruttamento economico e commerciale della scoperta. Ancora, la barriera della proprietà intellettuale è aggirata in paesi come la Cina, dove il 55% dei medicinali in vendita è una copia di quelli occidentali. In India la protezione del brevetto è troppo fumosa.

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