«Città d’estate? Immagino cicale, silenzi e solitudine»

«Agosto, città mia non ti conosco». Così parlò Cinzia Leone, attrice ruggente e umorista rampante della scena capitolina (con Outlet a teatro ha fatto e farà faville) che ogni anno con l’arrivo del solleone, a parte qualche serata di cabaret, cascasse il mondo fugge dalla Camilluccia per raggiungere l’amata Sardegna. «Non potrei passare l’estate senza vedere il mio mare. Ho una casetta vicino Olbia. È lì che trascorro tutte le mie estati, da vent’anni in qua».
Prima dove trascorreva le ferie?
«Fuori. A Roma non ci sono mai stata d’estate. Se mi concentro, riesco a malapena a immaginarmela questa città con la canicola. Roma è una città di grande fascino, ma è una metropoli che si fa vedere, improvvisamente, solo quando è un po’ più vuota e più sola. Più dimenticata. Mi ha sempre affascinato l’idea di stare in città d’agosto, quando il tempo è fermo, ma solo in apparenza, con i suoi pomeriggi assolati, i viali deserti, le saracinesche abbassate, le cicale. Al fascino, però, aggiungerei una cospicua dose di terrore».
La solitudine la spaventa?
«Da morire. Invece il mare ha dentro di sé una bellezza struggente. La vacanza accompagna la scansione bellissima dei riti e degli incontri: tornare nei luoghi che ami, rivedere le persone che conosci, ripetere gli stessi gesti. Ogni anno che passa senti che la magia si ripete».
Non ha ricordi legati alla città eterna d’estate?
«Pochissimi e tutti di quando ero bambina. Abitavo al quartiere Africano che io e la mia famiglia lasciammo per trasferirci dalle parti di viale Medaglie d’Oro. Alla morte di mio padre, con mamma abitavamo già in via dei Giornalisti: ricordo che nei pomeriggi estivi scendevo per strada a giocare con gli altri ragazzini. Facevamo giochi dell’epoca tipo ruba bandiera, nascondino e il mini-stato, un passatempo che inventai per obbligare tutti i miei amici a studiare inglese. Da bambina parlavo già due lingue, essendo figlia di un italo-americano, Domenico Leone, detto Dom.

Era un tenore, venne in Italia per il bel canto e finì per dirigere trasmissione radiofoniche culturali e si occupò anche di doppiaggio».
Se dico Roma d’agosto che le viene in mente?
«Il rumore delle cicale, il silenzio del dopopranzo, i viali alberati e freschi dei parchi, le strade ma soprattutto le case vuote».

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