Come cambierà la nostra vita

Case verticali, auto e scuolabus telecomandati, biglietti tattili. Non è fantascienza, fra meno di vent'anni sarà tutto così

Come cambierà la nostra vita

«On-Off». Così cambieranno le città tra una ventina d'anni. Ma anche meno perché il futuro raccontato qualche anno fa in molti film di fantascienza, in realtà è arrivato. È già qui, dietro l'angolo. «On-off» perché sarà come schiacciare il bottone di acceso e spento, si volterà pagina praticamente su tutto o quasi, anche se un po' già abbiamo cominciato a farlo. Dalle strutture degli edifici sempre più verticali alle forme di socialità e di aggregazione. Dalle auto alla mobilità, che sarà sempre più una rete condivisa tra mezzi integrati tra loro, dal lavoro al tempo libero. Quelle che oggi sono le smart city diventeranno città ancora più intelligenti, labirinti digitali con miriadi di sensori che trasformeranno infrastrutture, reti energetiche, case e strade e abitudini. Un internet delle «cose» a cui si connetterà la maggior parte di ciò che in una grande città ruota attorno alla nostra giornata e alla nostra vita. Due anni fa, secondo una delle ultime rilevazioni fatta da Gartner leader mondiale nella consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo dell'Information Technology, gli oggetti connessi erano 3,8 miliardi, nel 2015 erano già diventati 5 e alla fine di quest'anno saranno 6,3 miliardi. Una crescita vertiginosa che fa diventare più che mai realistica la previsione che assicura che nel 2020 saranno più o meno 20 miliardi, la metà condensati nelle metropoli. Ogni cosa connessa e i dati saranno quasi dappertutto: negli stabili, negli impianti di luce, gas, acqua, nelle apparecchiature industriali, nelle colonnine di ricarica elettrica, nelle televisioni, nei frigoriferi, nei database delle aziende di servizi e di mobilità, nei semafori, nelle auto. E ovviamente nei nostri smarthphone che saranno il terminale che ci permetterà di coordinare e coordinarci.

ARCHITETTURA

Sempre più su

Chi non è più giovanissimo ricorderà sicuramente Mike Bongiorno che si arrampicava sul Cervino per promuovere una grappa. Ma puntare in alto, sempre più in alto, sarà urbanisticamente parlando la parola d'ordine dei prossimi decenni. Lo spazio nei centri storici è ridotto al minimo e costruire in verticale diventerà una delle soluzioni disponibili con le «down town» che si svilupperanno sempre più verso il cielo in cui la grande sfida sarà quella di ottimizzare spazi, mobilità, sostenibilità e convivenze. Non solo tra persone.

Tra negozi e centri commerciali, tra auto, mezzi pubblici e biciclette, tra edifici che serviranno per lavorare, per vivere o per divertirsi, tra spazi verdi e parcheggi: «La chiave sarà quella di riprendere a guardare verso l'alto - spiega Stefano Boeri, architetto, professore di Progettazione Urbanistica al Politecnico di Milano - perché tutte le città, anche le metropoli più povere, torneranno a crescere in altezza. Non sarà solo un fatto simbolico ma legato più ad esigenze concrete come la gestione della densità abitativa e di un minor consumo del suolo, a una maggior facilità nel coordinare i servizi e favorire gli scambi, a un contenimento dei costi energetici e dei costi in genere perché le relazioni si concentrano in un territorio meno esteso. Si svilupperanno in verticale non solo gli uffici e i luoghi di lavoro ma gli spazi di educazione, di cultura e per il tempo libero».

Centri delle città dove si lavora, si studia e ci si diverte quindi e dove cambierà radicalmente anche il modo di muoversi con parcheggi sempre più lontani dai centri cittadini».

TRAGITTI IN CITTÀ

Salite in capsula

Muoversi nelle città del futuro scegliendo mezzi e tragitti con lo smartphone, disinteressandosi del problema dei posteggi e calcolando al minuto partenza arrivo e anche le pause per fare colazione o bere il caffè. Tra vent'anni più o meno sarà tutto così. L'auto privata diventerà un lusso per pochi e sarà destinata solo alle lunghe percorrenze. Diventerà un «utensile» in un sistema di mobilità che prevede anche altri mezzi integrati tra loro.

Ci sposteremo su capsule autonome, in sharing, che useremo per gli spostamenti quotidiani, che avverranno su percorsi rigidi e prestabiliti. Così non è difficile immaginare che potremo pensare di andare al lavoro in centro programmando il percorso e il mezzo da usare calcolando al minuto tempi, fermate e pause e prenotando arrivi e partenze di un mezzo che ci verrà a prendere e ci porterà al lavoro, in palestra o a fare la spesa.

Una «unità di movimento» che potrà essere singola o condivisa a seconda di quanto saremo disposti a spendere che ci porterà dove richiesto permettendo di ignorare completamente guida, code o problemi di parcheggio. La teoria è questa e l'industria del trasporto marcia veloce in questa direzione. Ma qualche riserva da superare c'è ancora. Spiega Walter Da Silva, ex responsabile del design per il Gruppo Volkswagen: «Quanti saranno, anche tra vent'anni, i genitori disposti a mettere i loro figli su una capsula per mandarli da soli all'asilo attraversando una città? Nessuno. E non per un problema di sicurezza ma di ansia».

Che i dati di una ricerca elaborata dal Gruppo Bosch provano comunque a stemperare assicurando che nelle future smart city i movimenti saranno più rapidi e sicuri con una congestione che potrebbe migliorare fino all'80% abbattendo del 90% i rischi di incidenti.

AUTOSTRADE

Il pilota automatico

La strada verso il self driving sembra tracciata perché dal Giappone alla Germania, alla Francia i test vanno a passo veloce. Prendiamo ad esempio un viaggio Milano-Roma. Un automobilista guiderà l'auto in modo tradizionale uscendo dalla città fino all'ingresso dell'autostrada poi si aggancerà a una corsia digitale in cui l'auto andrà da sola e quindi gli permetterà di lavorare, leggere o addirittura dormire. Arrivato alle porta di Roma poi riprenderà i comandi analogici e arriverà a destinazione. Un pilota automatico come già c'è sugli aerei. Uno studio della McKinsey presentato all'ultimo Ces di Las Vegas, la più importante fiera di elettronica di consumo, prevede infatti che le auto che non avranno necessità di essere guidate entreranno nei listini della case automobilistiche tra il 2020 e il 2022 e stima che nel 2030 avranno già una quota di mercato del 15 per cento.

ABITARE

Campagna addio

Se in questi ultimi anni, complice la crisi economica, la tendenza è stata quella di andare a vivere lontano dai centri urbani, secondo le ultime ricerche dell'Istat la tendenza si è invertita. E se oggi secondo alcuni studi urbanistici nelle città vive il 56 per cento della popolazione, fra trent'anni la percentuale salirà al 70 per cento.

Una rivoluzione che modificherà anche i rapporti, i valori e le tendenze. «È un cambio sostanziale del paradigma della nostre abitudini di vita che riguarderà almeno i prossimi 20-25 anni - spiega Francesco Morace, sociologo e fondatore del Future Concept Lab e docente del Politecnico di Milano -. Le città si modificheranno. E i primi segnali si possono vedere già da ora: servizi, negozi, offerte anche abitative punteranno sul valore dell'eccellenza, del ben fatto, contro il mito del low cost che è stata la filosofia vincente degli anni passati».

NEGOZI

Piccoli ma buoni

«Cambierà il mondo dei consumi. Negli anni passati si era scommesso molto sui grandi centri commerciali, vere e proprie cattedrali nell'hinterland cittadino, il futuro è un cambio di filosofia. Torneranno i supermercati di prossimità, i piccoli negozi, ma che non saranno solo punti vendita. Offriranno sempre più servizi, con luoghi per leggere, incontrarsi, mangiare ma offriranno la possibilità di approfondire le origini dei prodotti che vendono, di provarli, personalizzarli». Tecnologie a servizio delle emozioni che proveranno a cambiare i centri urbani e che metteranno a disposizione dei cittadini servizi e strutture sempre più «touch».

Dalle colonnine che permetteranno di prelevare un'auto o una bicicletta in sharing a quelle che ci consentiranno di prenotare un taxi o di sapere quanto manca all'arrivo del bus che stiamo aspettando. Saranno «tattili» i biglietti per tram e metro, quelli del cinema, quelli per i posteggi. «Una prossimità digitale e una tecnologia che ci avvicinerà sempre più e non ci allontanerà, come si temeva in precedenza - spiega Morace -.

Le città avranno una personalizzazione e una condivisione sempre maggiori perché si condivide per riconoscere e per riconoscersi, perché ci si fida, e la fiducia sarà un altro elemento importante in futuro. Come saranno le città del futuro? Ecco, la speranza è che siano luoghi dove ci si possa fidare di più...».

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