Il colpo di scena dei fondi "scaricati" da Intesa-Ferrero

L'azienda viene valutata 5 miliardi, ma solo per i fondi venditori. Il resto del mercato rimane a bocca asciutta, tanto che ieri il titolo ha ceduto il 7% chiudendo a 2,29 euro

Il colpo di scena dei fondi "scaricati" da Intesa-Ferrero

I rappresentati dei fondi scandinavi Zenit e Skagen As sono sbarcati a Milano domenica pomeriggio. Quello del canadese Mackenzie è arrivato lunedì. Erano venuti per vendere il loro 15,3% di Parmalat alla Ferrero, con la regia di Corrado Passera ceo di Intesa. Invece se ne sono ripartiti ieri dopo aver venduto tutto a Lactalis al prezzo di 2,80 euro per azione incassando un assegno da 750 milioni. Con l’operazione Lactalis salirà, al lordo della quota del 13% e di alcuni equity swap trasformabili in azioni, al 29% di Parmalat, soglia di sicurezza per non lanciare l’Opa. Tanto che il numero esatto delle azioni realmente acquistate verrà comunicato successivamente. L'azienda viene valutata 5 miliardi, ma solo per i fondi venditori. Il resto del mercato rimane a bocca asciutta, tanto che ieri il titolo ha ceduto il 7% chiudendo a 2,29 euro. Restano tramortiti anche il governo, che aveva pubblicamente osteggiato i francesi tanto che sarà pronto oggi il decreto legge per difendere le società strategiche, e Intesa, la banca di sistema azionista di Parma con il 2,1%, che questa volta non è riuscita a fare sistema.
Ma cosa è successo tra domenica 20 e lunedì 21? È successo che i tre manager, chiusi in un albergo milanese, hanno invano aspettato la telefonata di Intesa e Ferrero. Alle 19 di lunedì ancora non si sapeva nulla. Non solo, ma a quell’ora gli intermediari e gli advisor che seguivano l’operazione hanno appreso che emissari di Ferrero avrebbero voluto incontrare prima Lactalis e poi i tre fondi. Il che avrebbe distrutto il valore della loro quota, che a quel punto perdeva molto del suo interesse. Sentitisi traditi e senza più alcun contatto con Intesa-Ferrero, i fondi si sono rivolti direttamente a Lactalis e, nottetempo, hanno chiuso l’operazione. E i francesi hanno comprato addirittura senza «indemnity», ovvero senza chiedere le consuete garanzie sui via libera delle varie Authority. A giocare un ruolo in questo sorprendente sviluppo, sarebbe stato anche lo stesso amministratore delegato di Parmalat, Enrico Bondi che la partita a questo punto sembra chiusa.
Il mercato dimostra di non credere a nuovi colpi di scena. Tuttavia ci sono due elementi che tengono aperto uno spiraglio. Il primo è l’attivismo di Granarolo: «Speriamo che non sia ancora troppo tardi», per una cordata italiana, ha detto il presidente, Gianpiero Calzolari, aggiungendo di non escludere che «nei prossimi giorni ci saranno incontri tra la banca (Intesa Sanpaolo) e il governo» per valutare un intervento «o anche per mettere la parola fine». Il secondo è il lato piemontese: i Ferrero hanno fatto sapere di essere ancora interessati a un intervento «se matureranno le condizioni che lo rendano possibile». E secondo indiscrezioni non confermate, ieri a Parigi si sarebbe svolto un incontro tra Ferrero e Lactalis.


L’impressione è però che Intesa e Ferrero abbiano tergiversato troppo, lasciando il campo libero a una società e una banca francese (SocGen) che nel giro di una decina di giorni (l’equity swap è del 10 marzo) hanno sbaragliato il campo. E per di più in trasferta. Un’operazione che, a parti invertite, risulta inverosimile solo a pensarsi. Ma queste sono altre storie.

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