Le condizioni per il sì della Cdl

Gustavo Selva

C’è chi sostiene che l'eventuale «sì» del centrodestra alla missione in Afghanistan dovrebbe essere giudicato come un positivo contributo dell’opposizione parlamentare all’interesse nazionale e al rispetto degli impegni assunti dall’Italia in sede Nato, Ue e Onu nella lotta contro il terrorismo internazionale di prevalente matrice islamica; una lotta che ha come capofila gli Stati Uniti d’America, colpiti direttamente nel loro territorio a New York e a Washington e nelle sue rappresentanze diplomatiche in varie parti del mondo, ancora prima che ne fossero vittime anche il Regno Unito, la Russia e la Spagna. Un atto di coerenza con le missioni del governo Berlusconi può essere scambiato come un «soccorso tricolore» al governo Prodi, qualora otto senatori della «sinistra antagonista» votassero contro il decreto del Consiglio dei ministri.
In Italia operazioni di politica internazionale sono state usate a scopi di politica interna. Io non posso trascurare che Andreotti ha dato valore quasi storico a un semplice ordine del giorno della Camera che riconosceva nella Nato uno strumento di sicurezza e di libertà per l’Europa, per giustificare la ben diversa stagione del «consociativismo» fra Dc e Pci, che è stata una delle più nefaste non solo per i dubbi che seminò negli Stati Uniti e in Germania, ma per lo spazio politico-parlamentare che il Pci si autoattribuiva come principale garante della sicurezza democratica e della lotta alle Brigate rosse in Italia. Nella stagione del «consociativismo» fu possibile bollare l’anticomunismo come il vero «pericolo per la democrazia» che si voleva nata quasi esclusivamente dalla resistenza, lasciando in ombra o falsificando nella storia il contributo determinante che gli alleati angloamericani e lo stesso esercito italiano nato a Brindisi aveva dato per la liberazione dell’Italia e dell’Europa dal nazismo e per avviare la democrazia in Italia.
Nonostante tutte le acrobazie, il contributo del Pci era volto più a magnificare il modello sovietico, a giustificare il «muro di Berlino» come «vallo dell’antifascismo», a denunciare i pericoli del riarmo della Germania e del suo ingresso nella Nato, e perfino il carattere negativo del mercato comune, bollato come «servo del capitalismo sfruttatore». Del resto ancora oggi Rifondazione comunista, che fa parte della maggioranza, è un partito che ancora poco tempo fa aveva come rapporto con l’Alleanza di pace e di libertà delle nazioni euroatlantiche lo slogan: «Fuori la Nato dall'Italia e fuori l’Italia dalla Nato».
Con queste premesse storiche su ciò che sono la Nato e l’Ue, i voti della Cdl potrebbero rimpiazzare anche i voti della «sinistra alternativa», ad alcune condizioni: prima fra tutte che Prodi li richieda e non li consideri soltanto aggiuntivi, bensì coerenti con ciò che il governo Berlusconi ha fatto finora nella lotta contro il terrorismo per le libertà democratiche nel mondo. Dell’espansionismo comunista il mondo ha tuttora davanti a sé un esempio a Cuba con Fidel Castro, il cui modello non mi pare sia combattuto dalla sinistra italiana.
Quello che a me non sembra accettabile mai è che ci sia nella Casa delle libertà, chi vede il «consociativismo» in politica estera come strumento di politica interna per fare «larghe intese» in altri campi e la conseguente attenuazione del «bipolarismo» che a me continua a sembrare un attentato all'«alternanza» di governo fra forze e programmi diversi.
Andreotti ha ragione quando dice che l'Italia, nei suoi sessanta anni di vita repubblicana, ha avuto la maggiore stabilità governativa, perché il partito-cardine di ogni coalizione di governo è sempre stata la Dc, dalla sua nascita alla sua morte; ma è anche vero che la parabola discendente della Dc è stata accompagnata dalla crescita della sinistra. Il sistema politico bipolare delineato dalla riforma costituzionale della Casa delle libertà può essere stato forse un «pasticcio», per quanto riguarda le competenze e la composizione della Camera dei deputati e del Senato, che poteva comunque essere modificato anche se avesse vinto il sì nel referendum confermativo. Ora, però, nell’avvio della legislatura la maggioranza (?) di Prodi sta facendo in pratica molto peggio con il Parlamento.
Con una legge elettorale maggioritaria era nato nel 1994 un bipolarismo forse «all'italiana», i «ribaltoni» dei risultati elettorali del ’94 e del ’96 lo hanno inquinato, forse perché i poli sono fatti di troppi partiti, ulteriormente cresciuti nel 2006 con la legge elettorale proporzionale. Ora però nell’avvio della XV Legislatura la maggioranza (?) di Prodi sta facendo molto peggio con il Parlamento. Il Senato è chiuso per ferie» (obbligatorie). In oltre due mesi ha convertito in legge, modificandolo un solo decreto del governo Berlusconi. La Camera si è già data una settimana al mese di «ferie complete» e se necessario alla maggioranza i «ponti lunghi».

Questo sì che è il vero modo per trasformare Palazzo Madama in un’aula «sorda» perfino al semplice diritto dell’opposizione di chiedere la parola, e Palazzo Montecitorio in aula «grigia» dove i «manipoli» dei no global distruggono le leggi «alla Biagi» e per la modernizzazione della nostra economia mentre il ministro Mussi guida altri «manipoli» su Bruxelles per smontare i presidi etici europei che l’Italia ha voluto nel campo della ricerca scientifica a difesa della sacralità della vita.

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