Giuseppe Salvaggiulo
da Milano
Giorgio Cremaschi, membro della segreteria generale della Fiom-Cgil, è impegnato nella vertenza per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. «Il 2 dicembre porteremo a Roma 150mila persone. Parleremo a questo governo, certo, ma anche a quello che verrà. E se sarà di centrosinistra, gli diremo le stesse cose. Anzi: se pensa di seguire la vecchia strategia dell’avvocato Agnelli - fare le cose che la destra non può fare - e facilitare i licenziamenti, si prepari a vedere tanti scioperi che neanche se li immagina. Uno a settimana».
Che cosa pensa del modello danese di mercato del lavoro che piace a Prodi?
«Tempo fa andava di moda il modello olandese, poi si passò a quello irlandese. Ogni sei mesi si cambia. Ridicolo. Il prossimo sarà il modello cinese?».
E a lei quale modello piace?
«Nessuno, perché si parte sempre colpendo i lavoratori. Io voglio estendere i diritti, non ridurli o ridistribuirli come vogliono fare i riformisti. A partire dall’articolo 18 per tutti i lavoratori».
Ma qui si parla di consentire i licenziamenti senza tutela giudiziaria.
«Non penso che Prodi possa avere in mente di riaprire quella partita. Sarebbe una sciocchezza e un errore strategico. Si sfalderebbe la coalizione e i sindacati non glielo consentirebbero».
I sindacati furono d’accordo con il pacchetto Treu, che nel ’97 introdusse i contratti flessibili.
«Accordo colpevole, c’è stata autocritica: troppo buoni con i governi di centrosinistra. Oltre ad abolire la legge Biagi, bisogna rimettere mano al pacchetto Treu. Anche nella Cgil c’è ampio consenso. E la concertazione, che è servita a far pagare a lavoratori e pensionati i costi dell’euro, non è riproducibile».
Se Prodi non crede di fare queste riforme, perché le annuncia mentre si scrive il programma dell’Unione?
«Di programmi elettorali sono lastricate le strade dell’inferno. Per me si tratta di un polverone interessato. Fumo sparato a manovella».
Chi è interessato a sollevare polvere? «C’è una cappa neocentrista dietro cui si muovono i poteri forti. Queste sollecitazioni vengono da Monti e Giavazzi, che criticano Berlusconi da destra, gli rimproverano di essere stato poco thatcheriano. Lui c’ha provato, ma non ce l’ha fatta. Paga le scelte concrete. E ora i poteri forti chiedono alla sinistra ciò che Berlusconi non è riuscito a fare».
Nel centrosinistra come rispondono?
«Intanto fanno i furbi. Giocano con le parole. Prodi parla di riforme radicali. Ma che vuol dire? È ora di fare scelte, in mezzo non si può stare».
Nicola Rossi, economista e deputato Ds molto vicino a D’Alema, dice che l’Ulivo ha scelto un impianto liberale.
«Dice “ideologia liberale”. Mi colpisce. Ma le ideologie non erano morte?».
Evidentemente non tutte.
«Allora neanche quella marxista. Se l’Unione farà un governo liberale, noi faremo un’opposizione socialista».
Non la convince l’idea di una scossa liberale per rilanciare l’economia?
«Riecco la via liberista. Dico: ma allora non s’impara mai niente. Il liberismo è fallito. Questi ammiccamenti dimostrano una debolezza culturale».
Nel programma Giavazzi-Prodi ci sono anche le privatizzazioni.
«Per esempio si parla dell’Acquedotto pugliese. Bene, sappiano che se lo privatizzano nascerà il più grande movimento no global d’Europa».
Ma lei non vede i privilegi nel mercato del lavoro di cui parla Prodi?
«Sono d’accordo se si riferiva alle retribuzioni di Tronchetti Provera, Scaroni, degli imprenditori che erano lì».
Non penso.
«Neanch’io».
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