La crisi dopo il boom Per le «slot machine» arriva la rivoluzione

Nel 2016 è previsto il rinnovo delle licenze. C'è chi teme un'ondata di rinunce e un buco nei conti pubblici

Per il gioco d'azzardo in Italia il 2016 potrebbe essere l'anno della rivoluzione: il 30 giugno dell'anno prossimo scadono, tutte in una volta, le concessioni per 17mila esercizi commerciali autorizzati ad installare le slot machine. Nel dettaglio si tratta di 6.500 sale scommesse e 10.500 tra tabaccherie (4mila) e bar (6.500) che nel loro complesso movimentano cifre impressionanti. Nel 2014 gli italiani hanno giocato alle infernali macchinette (la dizione precisa è videolotteries nelle sale giochi e newslot in tutti gli altri punti vendita) ben 47 miliardi di euro, più della metà della cifra complessiva spesa per tutti i tipi di gioco che si attesta intorno a quota 84,5 miliardi. Va precisato che giocato non vuol dire perso. Le slot sono tarate per sottrarre agli scommettitori cifre che non possono superare il 25% (newslot) o il 12,5% (videolotteries) di quanto giocato. In sostanza, dunque, gli appassionati hanno sacrificato sull'altare delle macchinette la pur sempre rispettabile cifra di 9,5 miliardi. Ma da dove nasce la possibile svolta? Semplice: per la prima volta dalla liberalizzazione del 2003 che avviò il boom del settore in Italia, il cosiddetto bando scommesse contenuto nella legge di stabilità prevede una riduzione dei punti gioco: «Si scende da 17mila a 15mila e tra questi le sale giochi passano a 10mila, mentre i corner di bar e tabaccherie, che sono i più invasivi, vengono dimezzati», spiega Marcello Esposito, docente di finanza all'Università Cattaneo di Castellanza e autore di alcuni studi sul settore. Ma a rafforzare l'inversione di tendenza potrebbe essere anche un altro elemento. «Bisognerà tenere conto dell'impatto delle legislazioni vincolistiche introdotte da molte Regioni, a partire dalla Lombardia», aggiunge Esposito. Proprio la Lombardia, che con 10 miliardi giocati nel 2014 pesa non poco sul totale nazionale, ha per esempio stabilito limiti di distanza minima da luoghi come scuole ed oratori, che si intendono tutelare. E queste distanze valgono sia per le nuove licenze che per il rinnovo di quelle vecchie. «La novità è che il gioco d'azzardo sarà espulso dal centro di molte città e relegato verso zone più periferiche. E c'è da chiedersi se nel nuovo contesto la richiesta di licenze raggiungerà le cifre previste dalla legge di stabilità», aggiunge Esposito. In pratica: chi deciderà di investire per una concessione se poi per esercitarla dovrà andare in mezzo ai campi?La svolta è un bene se la si guarda dal punto di vista della lotta alle cosiddette ludopatie. Ma le conseguenze potrebbero essere rilevanti anche sul piano dei conti pubblici. Nel 2014 lo Stato ha incassato dalle tasse sul gioco la bella cifra di 7,9 miliardi. E per il 2016 la legge di stabilità ha previsto una serie di entrate una tantum, pari a oltre 500 milioni, proprio legate al rinnovo e alla messa in gara delle licenze. Ma se il bando scommesse andrà deserto ci sarà il problema di riempire il buco nei conti pubblici. Negli ultimi anni il gioco d'azzardo, «la tassa sugli imbecilli», secondo Cavour, ha dato un mano sostanziosa a sostenere le entrate statali. La diminuzione delle giocate legata alla crisi c'è stata ma non è stata particolarmente rilevante (tra il 2012 e il 2014 è stata per esempio del 3/4%).

A guidare la classifica delle giocate, oltre alla già citata Lombardia, ci sono regioni come il Lazio (quasi 8 i miliardi spesi nel 2014) e la Campania (6,2). A sorpresa il record delle giocate in rapporto al reddito appartiene a una provincia del profondo Nord: Pavia. Qui addirittura il 19,8% del reddito medio Irpef viene destinato al gioco d'azzardo.AA

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