Sono quattro donne contro l'islam. E contro quella cultura occidentale convinta, anche se è impossibile, che l'islam moderato (se esiste) possa vincere contro i suoi dettami radicali. Sono tutte nate in Africa, tra il Marocco, la Tunisia e l'Algeria e poi trapiantate in Francia dove sono diventate giornaliste, donne di successo, scritttrici. I loro libri denunciano l'opportunismo delle istituzioni francesi, prone di fronte all'avanzare dell'islamismo.
A raccontare le loro storie è stato Italia Oggi in edicola. Ci sono Lydia Guirous, giornalista del settimanale Jeune Afrique. Quando stava ancora in Algeria una sua amica venne uccisa perché si era iscritta all'Università nonostante il padre non volesse. Un affronto al ruolo riservato al padre nella gerarchia familiare dettata dal Corano. Per qualche tempo Lydia è stata anche portavoce del partito repubblicano che faceva capo all'ex presidente Nicolas Sarkozy. Solo che un giorno denunciò le posizion dei colleghi di partito che si ostinavano a sottolineare una presunta differenza tra l'Isis e le moschee in Francia. Sono i musulmani di Francia che debbono adattarsi alle regole della società francese e non il contrario", scrive nei suoi libri.
Un'altra donna in trincea contro l'avanzare dell'islam è Jeannette Bougrab, avvocato algerino la cui madre fu costretta a sposarsi a 13 anni. Dopo essere stata giudice al Consiglio di Stato e ministro nel governo Fillon, non smette di denunciare "l'ingenuità colpevole" dell'Occidente e della Francia di fronte all'islam. "L' Islam in Francia e in Occidente ha un obiettivo politico preciso", dice senza mezzi termini lei che la religione di Allah la conosce molto bene. Conosce quella Sharia che i musulmani trapiantati in Europa continiano a considerare l'unica legge naturale. Quella a cui tendere nella gestione della cosa pubblica. "La guerra contro Daech è una cosa, ma la guerra contro l' ipocrisia dei francesi bien-pensants è ancora più difficile - scrive Jannette nel suo libro 'La Barbarie', come riporta Italia Oggi - I programmi di deradicalizzazione andrebbero applicati a chi continua a sostenere che l'Islam è una religione di pace".
Leïla Slimani, premio Goncourt 2016 con «Chanson douce» (Ninna Nanna, pubblicato in Italia da Rizzoli), focalizza la sua attenzione invece sul dato sessuale dell'islam. Una cultura che considera l'adulterio in maniera talmente forte da costringere le donne pizzicate con un altro uomo (come in Marocco) a finire in carcere. Nonostante questo le donne lo fanno lo stesso, dimostrando che cultura islamica e società non vanno di pari passo.
Altro giro, altra scrittrice. Questa volta è S 608px;">onia Mabruck, giornalista e autrice di 'Il mondo non è rotondo, nipotina mia', a proporre una rivisitazione, e nuova tradizione, del Corano. Che andrebbe liberato da tutte quelle posizioni antistoriche e retrograde. Il problema è che per i musulmani il Corano è parola increata di Allah. E quindi non interpretabile, né rivisitabile.
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