Schettino parla e si difende in aula

A Grosseto quarta giornata di udienza per l’incidente probatorio sulla scatola nera della Costa Concordia. Per i periti l'errore del timoniere fu "assolutamente ininfluente"

Schettino parla e si difende in aula

Il comandante Francesco Schettino per la prima volta parla in aula e si difende dalle accuse nell’incidente probatorio sul naufragio della Costa Concordia. E' stato lui a chiedere al gip di poter intervenire per interloquire direttamente con i periti. Schettino si è difeso su vari punti, dando la sua versione sulle iniziative prese nei momenti del naufragio e della gestione dell'emergenza. Schettino è parso molto combattivo. Ha raccontato di aver dato ordini precisi, una manovra destra-sinistra-destra mentre la nave procedeva a 16 nodi verso l’isola del Giglio. Schettino ha spiegato ai periti di aver manovrato così la nave per provare a "disimpegnare la poppa", precisando che la tecnica, in gergo marinaresco, viene chiamata "scodinzolo" e la si attua per gli improvvisi cambi di rotta.

La difesa di Schettino tramite l’avvocato Bruno Leporatti cerca di mettere in evidenza le responsabilità di Costa Crociere spa per il naufragio della nave. I difensori di Schettino hanno iniziato a fare le loro osservazioni alla perizia del gip. I rilievi dei legali si concentrano su eventuali carenze ed errori della compagnia.

Le moltissime domande che la difesa di Schettino rivolge ai periti del gip tentano di smontare le accuse mosse al comandante. In particolare la difesa critica le ricostruzioni emerse fino a ora, tra cui quella relativa alla manovra sulla rotta del Giglio dopo l’urto, ma anche l’immagine di uno Schettino che, dopo l’errore, avrebbe abbandonato la nave senza aspettare che si completasse l’evacuazione dei passeggeri e degli altri membri dell’equipaggio.

La replica della Costa crociere

Ad avvertire la Capitaneria di porto doveva comunque essere il comandante. Così, i difensori di Costa Crociere, sottolineano che il "dovere di informare tempestivamente la Capitaneria di quanto accaduto, incombeva e incombe sul comandante della nave e non sull’unità di crisi o sulla società in generale". A questo proposito, sottolinea l'avvocato De Luca, "le disposizioni che sono state eccepite rispetto al dovere della Costa di informare tempestivamente la capitaneria di quanto accaduto, sono state male interpretate.

L’errore del timoniere? Ininfluente

Il timoniere indonesiano ha sbagliato nell'applicare l'ordine di Schettino nell’avvicinamento al Giglio per "l’inchino". Ma lo sbaglio sarebbe stato ininfluente, ha detto l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone rivolgendosi al difensore di Schettino. I periti hanno poi ribadito che i 13 secondi di tempo sprecati con la virata sbagliata non cambiarono nulla e anche se il timoniere avesse eseguito bene l’ordine, la nave avrebbe urtato lo stesso contro gli scogli.

Quella subito dopo la collisione con gli scogli "non fu una manovra, quella è stata una decisione. C’è differenza". Così Schettino ha risposto, al Tg1, ad una domanda su ciò che fece quella sera mentre era al comando della nave e se aveva fatto lui la manovrà che portò la nave davanti al porto.

Ieri il procuratore di Grosseto, Francesco Verusio, aveva detto che a portare la nave nella posizione vicino al porto del Giglio non fu la bravura del comandante, ma la "mano del buon Dio", l’abbrivio della Costa Concordia e condizioni meteo favorevoli.

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