Cultura di pace a Villa Borromeo

Doveva essere una lezione di un’ora sul varietà e le nuove piattaforme. Invece l’incontro di ieri a Milano, con il critico televisivo Aldo Grasso, davanti agli studenti della Cattolica, si è rivelato uno spettacolo con tutti i requisiti del one-man-show: dove cioè non sono i numeri a fare la differenza, ma chi a quei numeri dà volto, voce, espressione. E Fiorello i requisiti li ha tutti: carisma, simpatia, ironia, capacità di coinvolgere e farsi coinvolgere, mentre racconta, davanti a centinaia di ragazzi ammassati nell’aula Gemelli dell’ateneo (con altrettanti fuori in coda), i suoi inizi come animatore Valtur, l’esperienza in radio, la nascita delle figlie, il rapporto «di amicizia, prima che professionale» con il grande Mike. L’incontro parte con una divertente «karrambata»: un abbraccio caloroso a una studentessa che la sera prima, come gli aveva confessato lei, era tra il pubblico del suo spettacolo al Forum di Assago (dove lo ritroveremo anche stasera, per l’ultima replica). Due parole sullo show - «molta musica, canzoni, gag e altri aneddoti che mi verranno in mente di volta in volta» - poi il discorso ricade su Milano. «È stato il mio banco di prova. Ho vissuto qui dieci anni, all’inizio della mia carriera: dal villaggio turistico alla metropoli, dove anche per comprare il pane c’era da fare la coda. Mi ricordo ancora la voce del panettiere: “Lei che numero è della fila?”». Fiorello parla a ruota libera, scherza, fa battute, e i suoi «colleghi» di cattedra, Aldo Grasso e Alessandro Zaccuri, conduttore del «Grande Talk» su Sky (qui nel ruolo di moderatore) a stento riescono a prendere la parola. Prima (e unica) domanda di Grasso: il rapporto con i media. Fiorello la prende alla larga, ripercorre le sue esperienze di conduttore radiofonico, entertainer televisivo, per chiudere con il suo periodo in Sky: «La stampa me ne ha dette di tutti i colori. Che sono passato dalla tv popolare a quella trendy e snob del satellite. In realtà è avvenuto tutto per caso. Vado in spiaggia e mi ritrovo "a mollo" con il vicepresidente di Sky Italia: gli spiego la mia idea di fare uno spettacolo di piazza, a Roma, una cosa low profile, e lui mi propone di riprenderla con le telecamere di Sky. Io accetto: tanto, penso, chi vuoi che se ne accorga?». I sessanta minuti volano, tra storie, battute e domande degli studenti. A partire dall’esordio nello spettacolo, a Milano: «Arrivai nel 1989, mi ero preso sei mesi di aspettativa dalla Valtur. Qui incontrai Claudio Cecchetto che mi propose un programma a Radio Deejay: alla Valtur mi stanno ancora aspettando». Poi la sua prima apparizione in tv con il «Karaoke», trasmesso da piazza Castello, che segna il suo trionfo come showman. «Abitavo vicino a San Siro: voi sapete che significa vivere a due passi da uno stadio? Come se non bastasse, il mio vicino era l’allora presidente dell’Inter, Pellegrini, e c’era un suo tifoso che tutte le notti si piazzava sotto casa sua. Noi del quartiere, ormai, chiamavamo i carabinieri per nome». L’ultimo pensiero va al prossimo Sanremo: «Non ci sarò, anche se i giornali hanno scritto il contrario. L’Ariston non fa per me, io faccio altro, non so presentare. Già mi infastidisce l’idea, egocentrico come sono, di ritrovarmi qualcun altro sul palco.

Figuriamoci se dovessi essere io ad annunciarlo», sorride. «Ho fatto giusto un’eccezione per Dustin Hoffman, John Travolta e Celine Dion... ». Applauso finale. Lunghissimo. Poi tutti a casa, a studiare per l’esame di economia.

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